mercoledì 8 gennaio 2014
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A fine gennaio sarà visibile nei nostri cieli a partire dalla mezzanotte, ma già in questo inizio di anno Marte è già nel mirino della Nasa che proprio domani, nel corso di un grande convegno di tutte le agenzie spaziali mondiali riunite a Washington, annuncerà punto per punto il complesso programma col quale si propone come obiettivo finale lo sbarco nel 2040 del primo equipaggio umano sul «pianeta rosso».A partire dagli anni Sessanta del secolo scorso russi e americani, e successivamente anche giapponesi ed europei, hanno inviato diverse sonde verso Marte ma di queste solo la metà circa si sono concluse con successo e hanno inviato a terra una copiosa serie di dati e di immagini, utili per approfondire la conoscenza di questo pianeta che fin dai tempi delle prime osservazioni telescopiche – effettuate nell’Ottocento dal nostro Virginio Schiaparelli – ha sempre affascinato l’uomo. Ma la conquista umana di Marte non sarà facile. In termini di distanza, infatti, Marte non è la Luna e se per portare Armstrong e Collins a passeggiare sul nostro satellite l’«Apollo 11» ha impiegato solamente una settimana, a una sonda servono almeno 5 mesi per raggiungere il «pianeta rosso» che mediamente dista da noi 55 milioni di km (la Luna, invece, è «solamente» a 380 mila km). Sbarcare su Marte, dunque, non sarà uno scherzo e che in tutti questi anni che ci separano alla data fatidica del 2040 bisognerà lavorare sodo per garantire il successo della missione.Quando si parla di spazio il pensiero vola subito alle grandi potenze, ma anche l’Italia è in grado di dire la sua e infatti in questo progetto «marziano» figurano ben due italiani, Giancarlo Genta e il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia. Genta, ingegnere aeronautico del Politecnico di Torino e grande esperto di tecnologie spaziali, sarà infatti il chairman del rapporto che verrà presentato domani, mentre il nome di Rubbia è legato a un particolare «motore» a propulsione nucleare da lui ideato per ridurre notevolmente i tempi della missione.Il «motore», diversamente da quelli solitamente usati che sfruttano propellenti chimici, sfrutta la fissione di un isotopo dell’americio, un elemento realizzato in laboratorio nel 1944, e consentirebbe alle sonde di raggiungere Marte in tempi brevissimi. Con un chilo di americio, assicura Rubbia, si potrebbe raggiungere Marte in un mese, un tempo molto più breve rispetto ai 5 previsti per la sola andata.Esiste comunque una notevole differenza fra una missione automatica e una missione umana, perché il rischio di rovinare una macchina non è commensurabile con quello di perdere vite umane. Innanzitutto gli uomini che sbarcheranno su Marte dovranno trovare sul pianeta ambienti adeguati ad ospitarli e per realizzarli saranno progettate missioni automatiche che porteranno sul «pianeta rosso» i materiali necessari.Il costo di tutta l’operazione dovrebbe aggirarsi fra i 500 e i 1000 miliardi di dollari che, ancorché distribuiti nell’arco di una ventina di anni, costituiscono pur sempre una bella sommetta di fronte alla quale non saranno pochi a chiedersi se abbia senso, in questi tempi di crisi, togliersi lo sfizio costoso di passeggiare su Marte. Gli stessi dubbi fecero da corona nel 1969 anche all’«Apollo 11» e proprio rievocando quella favolosa impresa Giancarlo Genta ricorda che lo sbarco sulla Luna causò un grande impulso della tecnologia e questa a sua volta sostenne decenni di crescita.Il ritorno allo spazio potrebbe anche essere considerato l’inizio di un nuovo modo di pensare al futuro. Le risorse del pianeta Terra, soprattutto con i ritmi consumistici di questi ultimi tempi, non possono garantire la sopravvivenza della razza umana che, spinta dalla necessità, dovrà cercare altre soluzioni. E se nell’Ottocento si emigrava in America, oggi le nuove frontiere sono rappresentate dallo spazio e in particolare dai pianeti più «vicini», proprio come andava preconizzando la fantascienza. Marte non è certo un pianeta ospitale, però è stato dimostrato che potrebbe essere possibile trasformare il suo deserto in un ambiente meno ostile. Del resto quanti, all’inizio del Novecento, pensavano che sarebbe stato possibile raggiungere la Luna o mandare dei robot su Marte? La fantascienza spesso è diventata realtà e domani sapremo per filo e per segno come conquisteremo Marte, ultimo oggetto dei nostri desideri.
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