Dal dubbio alla speranza: Antiseri sui sentieri della filosofia

Nel libro "I dubbi del viandante" scienza, filosofia e fede dialogano di fronte ai grandi interrogativi che inquietano l’uomo
October 28, 2025
Dal dubbio alla speranza: Antiseri sui sentieri della filosofia
Il filosofo Dario Antiseri
Dario Antiseri (1940) è uno dei maestri della filosofia nel nostro Paese: basti ricordare il manuale scritto con Giovanni Reale Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi (editrice La Scuola) su cui si sono formate generazioni di studenti liceali e universitari. Nell’ambito della ricerca si è occupato prevalentemente di filosofia della scienza e metodologia della ricerca, senza mai abbandonarsi alla razionalità radicale, ma continuando costantemente a coniugare la sensibilità scientifica con i valori dell’umanesimo cattolico.
Una caratteristica della sua filosofia risiede nella ricerca di senso che conduce a Dio, non senza travagli e fatiche, ansie e scetticismi. Il suo ultimo libro – I dubbi del viandante (Rubbettino, pagine 104, euro 16,00) – propone un ennesimo viaggio tra i sentieri della conoscenza, in cui scienza, filosofia e fede dialogano in modo serrato di fronte ai grandi interrogativi che inquietano l’uomo.
Parafrasando Karl Popper sottolinea che «La ragione è il più prezioso dono che abbiamo, è ciò che ci rende umani. E umani, anzitutto perché fallibili; e fallibili perché razionali». È riconoscibile nelle pagine di questo agile volume non soltanto un omaggio al più importante epistemologo del Novecento, ma anche un riferimento agli insegnamenti appresi in gioventù all’Università di Vienna, dove Antiseri acquisì i fondamenti dell’individualismo metodologico dell’omonima scuola.
Il metodo della ricerca scientifica si fonda sul criterio ipotetico, vale a dire in ordine alle tesi scientifiche vengono formulate della ipotesi, destinate ad essere empiricamente verificate per confermare il loro valore di verità relativa. Quest’ultimo è ciò che Popper chiamava fallibilismo: ogni tesi scientifica può essere confutata, ed è proprio questo il suo destino nella prospettiva dell’avanzamento della conoscenza. Innumerevoli conferme non rendono assolutamente vera una teoria, ma sul piano logico una sola smentita è sufficiente per confutarla definitivamente. “Tutti i cigni sono bianchi”: era vero finché non sono stati scoperti i cigni neri d’Australia, e da qual momento la proposizione “Tutti i cigni sono bianchi” è diventata invariabilmente falsa. Nell’Ottocento le teorie scientifiche erano ancora solidamente ancorate alla meccanica di Newton, finché non è arrivata la relatività di Einstein a dimostrare che ci potevano essere delle rilevanti deviazioni.
Incerte sono soprattutto le teorie generali articolate con criteri scientifici, perché risentono in modo particolarmente significativo di quello che Popper chiamava “asimmetria logica fra conferma e smentita di una teoria”: per riprendere le sue parole «asimmetria che risulta dalla forma logica delle asserzioni universali. Queste, infatti, non possono mai essere derivate da asserzioni singolari, ma possono venir contraddette da asserzioni singolari». In altre parole, la sommatoria delle asserzioni singolari non è sufficiente a costruire una teoria universale, ma viceversa una tesi specifica può da sola fare crollare l’impalcatura di una teoria generale.
Leggendo piacevolmente il piccolo volume di Antiseri ci si rende conto così di come si scivoli progressivamente dalla grammatica della conoscenza ai problemi fondamentali dell’uomo. A questo proposito, l’autore condivide con Albert Camus l’interpretazione di quale sia il compito primo della filosofia: infatti, non ancora trentenne il premio Nobel francese, nel suo Mito di Sisifo (1942) annotava che «vi è solamente un problema filosofico veramente serio: il suicidio». E con ciò voleva dire in termini provocatori che compito dell’uomo è ricercare il senso dell’esperienza umana e il valore della vita.
Antiseri gli fa eco annotando che «La grande domanda della filosofia “perché essere piuttosto che il nulla” (…) non è un problema soddisfatto da una spiegazione, non è un interrogativo teorico, ma una invocatio di un senso che non si è in grado di risolvere con la ragione umana; è un urlo mascherato di chi, naufragando, invoca salvezza. L’avevano ben capito Pascal e Kierkegaard».

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