mercoledì 15 settembre 2021
L’ex calciatore a «Pordenonelegge» parlerà dei pregiudizi che colpiscono le persone di colore e su come si crea la discriminazione del “diverso”
Thuram: «Studiare la cultura bianca è razzismo?»

Tasos Lekkas/Pixabay

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Anticipiamo l'intervento che l'ex calciatore Lilian Thuram pronuncerà venerdì alle 11 a Pordenonelegge affrontando il tema dei pregiudizi sui quali si fonda la discriminazione delle persone di colore. Su questo stereotipo e i suoi meccanismi ha scritto un libro, Il pensiero bianco (Add editore, pagine 288, euro 18) dove si domanda come nasce una identità che poi emargina il diverso

Qualche anno fa mi avevano invitato per discutere il progetto di una grande mostra sul razzismo. Volevano che fossi il commissario generale, e il fatto che avessero pensato a me per portare questo messaggio al grande pubblico mi onorava. Per spiegare come mi sarei accostato a quell’incarico raccontai un’esperienza che avevo vissuto durante una riunione in un ministero: al momento delle presentazioni mi era stato chiesto cosa facessi e su cosa lavorasse la fondazione che presiedo. «Analizziamo i meccanismi di dominazione nella società», avevo detto. E, guardando le persone sedute attorno al tavolo, avevo richiamato la loro attenzione sulla disparità tra il numero di uomini e donne. «In effetti ci sono poche donne», aveva osservato il presidente. «Non è questo il problema, il problema è che ci sono troppi uomini», era stata la mia risposta. Di colpo avevo sentito su di me gli occhi di tutti gli uomini, come se li avessi aggrediti. Ma la mia era una semplice constatazione. Per questo, spiegai, nel mio ruolo di commissario generale, speravo di cambiare il punto di vista.

L'ex calciatore Lilian Thuram

L'ex calciatore Lilian Thuram - .

Da troppo tempo, quando si parla del razzismo, ci si concentra sulle persone discriminate, mentre io sostengo che dovremmo rivolgere il nostro interesse alle persone che, talvolta senza volerlo o saperlo, da queste discriminazioni traggono vantaggio. Mettere in discussione una categoria che non viene mai messa in discussione: la categoria bianca. Che cosa significa “essere bianco”? Come si diventa bianchi? Perché non si nasce bianco, lo si diventa. Avete mai visto una persona del colore di un foglio di carta bianco? No. Allora perché diciamo di una persona che è bianca? A che età si diventa bianchi? Diventare bianco non è forse come diventare un uomo, crescere pensando a sé come dominante?

Mentre parlavo, vedevo il disorientamento intorno al tavolo. I cosiddetti bianchi non sono abituati a essere sotto esame per il colore della loro pelle, né per il significato che potrebbe avere. Ho continuato: «Per guadagnare tempo in questa lotta per l’uguaglianza, dobbiamo lavorare sulla consapevolezza dei visitatori bianchi, che sono cresciuti senza dare una connotazione politica al loro colore». Ho percepito incomprensione, se non rifiuto. Come se si fosse costituito un “noi” che si chiedeva: «Cosa vuole da noi, lui?». Capivo che si sentivano quasi attaccati dalla mia proposta – non ho ancora detto che ero l’unico nero presente nella stanza.

Come si sentono attaccati gli uomini quando si fa loro notare che hanno sviluppato un complesso di superiorità nei confronti delle donne. Io non avevo accusato nessuno di essere razzista, ma parlare di una dominazione bianca, in effetti… Purtroppo le nostre relazioni si sono interrotte lì. Questo libro è nato anche da quel dialogo interrotto. Perché la maggior parte dei bianchi rifiuta di esaminare questa costruzione identitaria? O meglio, sembra che non siano consapevoli di avere un colore. Non si parla dei neri chiamandoli “persone di colore”? È la prova che i bianchi non ne hanno. D’altronde, di che colore sono i bianchi? Poiché esiste una minoranza visibile, i bianchi sarebbero la maggioranza invisibile?

La stessa parola “bianco” non viene quasi mai usata nel linguaggio corrente per designare un gruppo della popolazione, come se non corrispondesse ad alcuna realtà. E quando si usa, suscita qualche tensione in chi viene definito così. Dieci anni fa avevo trovato un numero speciale di un periodico, intitolato “La pensée noire”, che mi aveva spinto a chiedermi: se esiste un pensiero nero, ci sarà anche un pensiero bianco? Quel numero speciale raccoglieva testi di e su Toni Morrison, Maryse Condé, Martin Luther King, James Baldwin, Aimé Césaire, Frantz Fanon. Ma di cosa hanno scritto tutte queste persone nere? Di un mondo che inferiorizza i neri. Della necessità di emanciparsi da questa violenza, per vedersi riconoscere gli stessi diritti delle persone bianche. In fondo, quello che non viene mai detto è che King, Baldwin e gli altri scrivono in reazione a un sistema. Ma questo sistema non viene mai definito con chiarezza.

Chi ha costruito un discorso mettendo i bianchi in cima alla “gerarchia umana”? Chi fa credere che i neri sarebbero meno capaci? Chi ha deciso che non avrebbero diritto alle stesse opportunità degli uomini bianchi e delle donne bianche? Il pensiero razzialista bianco. Ecco la matrice, vecchia di secoli, che ancora oggi la maggior parte delle persone bianche non osa guardare in faccia. Perché nessun giornale dedica un numero speciale al pensiero bianco, che per altro ha forgiato il pensiero nero? Perché queste due parole, pensiero bianco, potrebbero sembrare scioccanti?

A mio avviso sono meccanismi paragonabili a quelli che portano alla dominazione degli uomini sulle donne. «Le opposizioni sessuali, contrassegnate dal sigillo del maschile e del femminile, sono gerarchizzate in quanto i valori di uno dei due poli (il maschile) sono considerati superiori a quelli dell’altro [...]. Le società occidentali hanno sviluppato un modello esplicativo che lega la forza maschile alla superiorità dell’essenza dell’uomo. [...] La griglia di lettura che utilizziamo è sempre quella, immutabile e arcaica, di categorie derivanti dalle lontane abilità dei nostri antenati, limitati a ciò che i loro sensi potevano imparare ». La storia della resistenza degli uomini all’emancipazione delle donne non è molto più istruttiva della storia dell’emancipazione delle donne?

La storia della resistenza delle élite bianche nei confronti dell’emancipazione dei non-bianchi non è altrettanto istruttiva della storia di questa stessa emancipazione? Non è tempo di esaminare la volontà di difendere, generazione dopo generazione, questa linea del colore, questa dominazione? È interessante constatare come si studi l’“arte negra”, il pensiero nero, la letteratura nera, la musica nera, che li si esamini, li si esponga, li si dissezioni. Perché sarebbe vietato studiare il pensiero bianco, la letteratura bianca, la musica bianca? Certi ambiti sembrano sfuggire al loro colore, altri no. Perché?

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