venerdì 1 ottobre 2021
Oggi un grande convegno organizzato dalla Banca Popolare di Sondrio indaga quanto il poema abbia segnato ogni territorio della Penisola
Justus van Gent, “Ritratto di Dante Alighieri” (1476)

Justus van Gent, “Ritratto di Dante Alighieri” (1476) - archivio

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Le prospettive da seguire per costruire un “incontro” su Dante, cioè su ciò che ci spinge – ognuno di noi, dal nostro angolo di mondo, oggi – verso la sua opera e la sua figura sono così numerose e varie da non permetterci di tracciarne facilmente una sintesi. E tuttavia è necessario aver presente, e segnalare al pubblico per suo conto tanto diverso, questa pluralità di significati che scaturiscono da questo contatto. Renderci conto che con la sua opera ha “dato”, a noi italiani, la lingua è già un’indicazione riassuntiva e di immenso valore, ma non basta. Un’altra via per accostarci al personaggio è quella di ricercare in qualsiasi territorio del nostro Paese le testimonianze della sua “presenza”: non sempre, s’intende, la memoria di un episodio della sua vita o anche solo una sua citazione per un evento o un elemento del paesaggio. Testimonianze di questo genere sono presenti in varie parti d’Italia, sia per il suo vagare per tante nostre contrade, sia perché le sue opere sono piene di riferimenti a fatti e luoghi della nostra storia: il suo sapere storico e geografico era immenso. Ma anche perché dai più diversi luoghi e dai più diversi ambienti di cultura del nostro Paese si sono rivolti a lui, conclusa la sua esistenza, pensieri, indagini, iniziative di ogni genere, e forme di culto. Non v’è, nel suolo d’Italia, cittadina o anche piccolo centro in cui, nei 700 anni trascorsi dalla sua scomparsa, sia mancato un segno di attenzione, un raccoglitore di testimonianze, uno studioso profondo o un lettore particolare o un rimatore locale o un artista che lo abbia considerato oggetto di studio. E ciò a prescindere dall’azione della scuola, che è stata e resta sempre più il luogo deputato per far esistere e alimentare la conoscenza di ciò che ci riguarda come esseri coscienti del nostro posto nel mondo. Tutto ciò significa, anzitutto, che la memoria del nostro sommo poeta ha davvero permeato, nel tempo, la vita dell’intero nostro Paese; una premessa che ci rende perciò attenti a scoprire ognora centri nei quali si sono creati depositi consistenti, magari poco noti ai più, di una simile memoria attiva e produttiva. Com’è il caso della Valtellina. Dove Dante non ha mai messo piede e della quale egli non nomina nessun personaggio o luogo; circostanza che però non ha impedito alla società locale di avviare e avvivare nel tempo precise e durature tradizioni di studio dell’opera dantesca. È il dato che ha ispirato alle istituzioni che vi operano, invitate e coordinate dalla Banca Popolare di Sondrio – che proprio quest’anno celebrando il suo 150° anno di vita rende omaggio al grande Poeta –, il progetto di mettere insieme una serie di iniziative che coniugano la documentazione delle alte tradizioni locali con la riflessione di più ampio orizzonte. Ieri sera si è inaugurata, nel Palazzo Lambertenghi di proprietà della Banca Popolare di Sondrio, la mostra dal significativo titolo “DanteQui. Testimonianze del Sommo Poeta nei luoghi della cultura di Sondrio”: dall’opera esegetica di studiosi valtellinesi dell’opera dantesca attivi dal secolo XVIII (l’irrequieto Francesco Saverio Quadrio) per giungere a uno dei fondatori della moderna filologia delle letterature romanze, Pio Rajna (1847-1930), dalla cui biblioteca civica a lui titolata, come dalla Biblioteca “Credaro” della Bps e dal Museo Valtellinese di Storia e Arte (Mvsa), provengono materiali di grande valore. Se la mostra è specchio del legame “territoriale” con l’opera di Dante, la giornata di oggi è dedicata alle iniziative congressuali. La mattina è occupata dall’incontro di studiosi (E. Castelli Gattinara; M. Prandi; A. Bordoni di Trapani; L. Schena; coordina F. Sabatini) con studenti e docenti delle scuole superiori: la varietà dei temi – esistenziali, linguistici, educativi – è riassunta dal titolo “Dante: perché non possiamo farne a meno”. Si darà voce diretta ai testi danteschi attraverso la recitazione (Lucilla Giagnoni) di passi canonici del poema che sono davvero iscritti, ormai, nella memoria dell’umanità: Francesca, Ulisse. Nel pomeriggio, ricevuti i messaggi dalle due istituzioni che hanno patrocinato l’iniziativa – l’Accademia della Crusca e l’Istituto Treccani –, si ascolteranno le relazioni di specialisti su una più ampia gamma di temi: la Commedia come teatro di voci, singole e corali, che esprimono l’attuarsi delle condizioni dei destini umani secondo il disegno divino (C. Ossola); l’indiscutibile “progetto” elaborato da Dante per darci coscienza e materia della nostra lingua (F. Sabatini); la “metamorfosi” che si compie in Dante con il suo itinerario ascensionale (A. Ghisalberti), la sua cosmologia (A. Ferrari), i rapporti di dare e avere con la musica (S. Cappel-letto) e con le arti figurative (S. Zuffi). Altri testi, di relatori non presenti (Gianfranco Ravasi con “Dante e la fede”, Vittorio Coletti con “Dante, l’italiano e le lingue d’Europa”, Piero Boitani con “Storie di Dante in Inghilterra e America”) verranno distribuiti ai presenti. Letture, con accompagnamenti musicali, completeranno anche il programma pomeridiano.

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