lunedì 2 aprile 2012
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Quello del San Filippo Neri a Roma non è il primo caso in Italia di embrioni morti a causa di un blackout o comunque di un guasto degli incubatori. A Milano una coppia ha fatto causa all'ospedale Fatebenefratelli, da cui dipende il Centro sterilità presidio ospedaliero Macedonio Melloni, dopo il cortocircuito verificatosi tra l'8 e il 9 maggio 2007 che, sostengono, ha provocato un arresto della corrente elettrica degli incubatori contenenti tre embrioni. Gli embrioni sono morti perché gli incubatori non erano collegati al gruppo elettrogeno. I due coniugi oggi di 39 e 36 anni e non sono più riusciti ad avere figli. Il loro legale, l'avvocato Susanna Zimmaro, commenta: "Il caso di Roma non è certo il primo caso di Italia e purtroppo l'evento non è così raro. Preciso che recentemente l'ospedale ha formulato una proposta di definizione 'stralcio' talmente esigua da risultare addirittura offensiva per i miei clienti". Mentre nell'atto di costituzione l'ospedale contesta addirittura che si sia verificato il blackout lamentato dalla coppia, afferma che in ogni caso un blackout con conseguente mancanza di alimentazione elettrica è un evento imprevisto e imprevedibile, che il gruppo elettrogeno c'era ed era in funzione ma "ovviamente non interviene, e non deve intervenire, nel caso di mancanza alimentazione in un'area o zona limitata dell'ospedale, generate da cause involontarie, guasto, etc.". 
Agli atti del procedimento davanti al giudice Migliaccio della quinta sezione civile di Milano c'è una relazione(intitolata "Relazione clinica blackout 8 maggio 2007") a firma dei responsabili del laboratorio, in cui si spiega che il 7 maggio 2007 due donne si sono sottoposte ad agoaspirazione ecoguidata dei follicoli ovarici e chegli ovociti prelevati (tre per la prima paziente, uno per la seconda) sono stati contestualmente sottoposti a inseminazione. L'8 maggio due ovociti della prima paziente e un ovocita della seconda sono risultati fecondati. Gli embrioni avrebbero dovuto essere impiantati il giorno dopo, ma alle 9 del mattino successivo la responsabile del laboratorio ha trovato gli incubatori spenti. Al momento della riattivazione della corrente, entrambi hanno ripreso a funzionare, ma segnalavano una "drammatica caduta della temperatura e della concentrazione di anidride carbonica", che ha causato un danneggiamento degli embrioni le cui condizioni non si sono potute "ritenere purtroppo idonee al trasferimento in utero", conclude il documento. Non era la prima volta che i due coniugi tentavano il complesso percorso di fecondazione assistita (Fivet) presso il Centro sterilità presidio ospedaliero Macedonio Melloni. Ci avevano già provato nel novembre 2006, senza ottenere risultati positivi e quello del maggio successivo era il secondo tentativo.
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