sabato 25 agosto 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
Anche i filosofi sono stati ragazzi e hanno conosciuto John Lennon prima di Schopenhauer. Sergio Belardinelli, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Bologna, cita la frase per cui la vita è quello che ti accade mentre stai facendo qualcos’altro. L’ha sentita per la prima volta in una canzone, poi ha scoperto che era materia trascendentale. Non importa, perché qui si parla di educazione. E sì, anche l’educazione è quello che si fa quando si crede di fare tutt’altro. Con l’esempio e con la passione, con il rispetto e, più che altro, con la consapevolezza che nessuno è mai padrone della situazione, figurarsi un adulto alle prese con la libertà di un ragazzo.Siamo nel cuore di un incontro il cui intento potrebbe apparire polemico, ma che in effetti – come avverte il moderatore Alberto Savorana – vuole costruire anziché distruggere. Il processo di demolizione, peraltro, è stato già abbondantemente avviato dagli "espertoni" del caso, convinti che l’apprendimento sia una roba che si misura.«L’educazione moderna: specialisti del nulla?», annuncia il titolo e il pubblico del Meeting capisce al volo di che cosa stiamo parlando. Belardinelli traccia un rapido quadro storico-concettuale, partendo dalle contraddizioni del patriarca Rousseau, cantore della spontaneità (riscopri il buon selvaggio che è in te!) ed esattore del "contratto" su cui la società si fonda. Il risultato è un concatenarsi di "sistemi" talmente efficienti da poter fare a meno della persona. Ci si potrebbe arrendere, dando ragione allo scettico Gómez Dávila, per il quale «educare l’uomo significa impedirgli la libera espressione della sua libertà». Oppure ripartire da qui, rilanciare. «Certo, un giorno i nostri figli decideranno da soli – dice Belardinelli – ed è proprio questo ad accrescere la nostra responsabilità di educatori».È lo stesso motivo per cui in piena guerra, mentre combatteva come partigiano, André Chouraqui si dedicava ogni giorno ai classici della spiritualità ebraica. L’episodio è ricordato da Giorgio Israel, matematico con cattedra alla Sapienza di Roma, che lega il proprio intervento al tema complessivo del Meeting. La matematica, sarebbe scienza dell’assoluto per eccellenza, peccato che oggi come oggi si cerchi di ridurla a mera "competenza" a uso del bravo cittadino. «Il problema – spiega Israel – è che si sta perdendo il senso di che cosa sia veramente la scienza, riservando sempre maggior considerazione a procedure che si fingono scientifiche e sono invece prive di fondamento». L’allusione non resta sospesa: i test Tfa (quelli ai quali dovrebbero rispondere in modo sbagliato per migliorare il punteggio) e l’ammissione all’università, la "misurazione" degli accademici e il dilagare di presunte «patologie dell’apprendimento» sotto le quali si nasconde la cattiva coscienza di chi non vuol più correre rischi. Si torna a Schoopenhauer. Anzi, a John Lennon: «Educare significa testimoniare – conclude Israel –. Ma come può esistere una testimonianza che non offra un contenuto e una ricerca di senso?». La risposta, questa volta, non sta in un test.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: