lunedì 16 giugno 2014
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La più grande organizzazione umanitaria in Italia, con i suoi 150mila volontari, ma anche nel mondo, dove sono 98 milioni: è la Croce Rossa, quella che nell’immaginario collettivo rappresenta l’aiuto immediato, l’ambulanza ferma ai crocicchi delle città anche di notte o che sfreccia a sirene spiegate se qualcuno sta male. Oggi, il 15 giugno di 150 anni fa, nasceva a Milano la Croce Rossa Italiana come "Comitato per il soccorso ai feriti e ai malati in guerra".Non passò troppo tempo perché la sua opera si rendesse indispensabile: il 20 giugno del 1866 l’Italia dichiarò guerra all’Austria e le prime quattro squadriglie di volontari partirono alla volta di Custoza. Da allora è rimasta sempre presente in tutti i conflitti che hanno visto impegnata l’Italia fino alla seconda guerra mondiale, ma anche nella lotta alle emergenze che via via si presentavano, come la lotta alla tubercolosi o alla malaria nelle Paludi Pontine.In 150 anni si è evoluta, ha superato anche burrasche e metamorfosi, ma non ha mai perso gli obiettivi per cui è venuta al mondo, ossia la vicinanza ai fragili senza distinzione alcuna. Secondo le norme del diritto internazionale umanitario la Croce Rossa in caso di conflitto provvede indistintamente al recupero delle vittime, cura i feriti e i malati, svolge attività sanitarie e assistenziali di supporto alla popolazione, collabora alla ricerca dei dispersi e favorisce i ricongiungimenti familiari. E in tempo di pace presta soccorso nelle emergenze e calamità naturali, come di recente abbiamo visto nei terremoti in Abruzzo o in Emilia. In alcune città ha anche aperto centri antiviolenza per le donne vittime di abusi. «Insomma, i nostri 150 anni di storia sono 150 anni di vicinanza alla comunità in ogni forma – precisa il presidente nazionale Francesco Rocca, che è anche vicepresidente a livello internazionale – e oggi le priorità sono le nuove povertà e i migranti che fuggono da contesti di guerra sempre più pericolosi anche per noi». Sì, perché se tra le poche certezze un tempo c’era almeno il rispetto della Croce Rossa, su cui nessuno avrebbe mai sparato, «ora il rispetto per l’emblema sta venendo meno, come dimostrano i 44 operatori della Mezzaluna Rossa siriana e palestinese uccisi di recente». Commissariata nel 2008 per «ingenti perdite», la Cri aveva «investito in modo poco oculato in ambito sanitario, creando così problemi di bilancio in molte regioni»: di fatto, spiega Rocca, si era perso di vista l’obiettivo di essere vicini alle vulnerabilità per mantenere servizi, come il 118, che invece spettavano alle Regioni. «Anche oggi ci adoperiamo per il 118, ma interveniamo dove ci viene richiesto: la nostra missione è essere pronti per le calamità» e dal 2013 con il nuovo statuto le realtà territoriali della Cri sono soggetti di diritto privato, non più appartenenti alla Pubblica amministrazione.Nuove povertà e migranti, dunque. Ma le sfide sono sempre più ardue per mancanza di fondi. «Attualmente in Italia assistiamo più di 800mila persone con distribuzione di cibo e medicinali. In un anno le richieste di aiuto da parte di famiglie in difficoltà sono quasi raddoppiate, e a chiedere viveri non sono più anziani e senza tetto, ma famiglie con bambini che si sono esposte comprando casa, operai, impiegati, mariti separati». La Croce Rossa pungola però anche i governi perché l’accesso umanitario e la dignità delle persone siano priorità imprescindibili: «Non vogliamo più vedere migranti che perdono la vita in mare, quando tutti noi sappiamo perfettamente da cosa scappano – denuncia Rocca, che è cresciuto nelle fila della Caritas proprio nel supporto ai migranti –: i nostri governi hanno firmato convenzioni che tutelano chi scappa dalla guerra, non possiamo permettere che, come è successo a Lampedusa, le persone muoiano cercando un posto sicuro dove stare. Come i governi europei sono stati velocissimi nel cercare relazioni diplomatiche con la Libia post-Gheddafi per il petrolio, devono esserlo nel chiedere una convenzione per i rifugiati e l’accesso umanitario nella sponda sud del Mediterraneo».
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