venerdì 14 ottobre 2011
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​Da lì sono partiti e lì torneranno: gli otto cortei degli indignados che domani attraverseranno Madrid, confluiranno a piazza Cibeles e poi a Puerta del Sol, epicentro delle proteste sorte spontaneamente il 15 maggio. Fin dai suoi primi passi, il Movimento 15-M ha avuto l’ambizione di esportare la “Spanish Revolution” verso gli altri Paesi europei, tessendo una fitta ragnatela di contatti attraverso le reti sociali. I cartelli appesi a Madrid durante il mese dell’occupazione, fra centinaia di tende, parlavano in inglese, italiano, francese: «Uniamoci!». La proposta del 15 ottobre – rivendicano gli indignati spagnoli – è stata lanciata proprio dal Paese iberico: poco prima dell’estate cominciò a circolare questa data come appuntamento chiave per scatenare un «autunno caldo», carico di proteste sociali. L’idea è andata ben oltre l’Europa, raggiungendo Paesi come il Cile (con la protesta studentesca) o Israele, passando per gli Stati Uniti. Domani sfileranno in 719 città di tutto il mondo.Ma in Spagna esiste un fattore “caliente”: un particolare chiave. Fra un mese si vota e gli indignati che scendono in piazza riconoscono il peso che la loro voce potrebbe avere sui programmi elettorali dei principali partiti. Non a caso alcuni gruppi politici – in particolare Izquierda Unida (comunisti) – hanno già avvicinato un paio di indignados di spicco, inserendoli nelle proprie liste. Madrid, Barcellona, Saragozza, Siviglia, Granada: almeno 60 città spagnole parteciperanno ai cortei con lo slogan «Uniti per un cambiamento globale». Jon Aguirre, portavoce di Democracia Reale Subito, assicura che gli obiettivi delle contestazioni sono i quattro poteri: finanziario, politico, militare e mediatico. In una pagina Web tradotta in 18 lingue ognuno può lasciare traccia della sua indignación attraverso un video, spiegando le ragioni della protesta. C’è chi ritorna alle origini del Movimento 15 Maggio e reclama «lavoro, non carità», e altri che sottolineano la propria indipendenza: «Non siamo né di destra né di sinistra, ma siamo quelli del basso che puntano a quelli in alto». Nonostante cinque mesi fa avessero preso le distanze da modelli internazionali troppo lontani (ammettendo similitudini solo con l’Islanda), ora qualche voce “indignada” vorrebbe allacciare parallelismi anche con l’Egitto o la Tunisia.Intanto a Madrid il timore è che la Puerta del Sol, domenica mattina, si risvegli di nuovo come un campo profughi: tende, materassi, fornellini a gas. «Se qualcuno decide di restare accampato lo farà sotto la propria responsabilità», dicono i promotori della manifestazione, che prendono le distanze da occupazioni di massa.
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