martedì 26 aprile 2016
​ La Capitaneria: petrolio riassorbito. Ma l'Iplom è ferma: 250 lavoratori rischiano la cassa integrazione.
Genova, ora l'«emergenza» è lavorativa
COMMENTA E CONDIVIDI
Il mare di Genova è salvo e la macchia nera che lo ha insidiato e minacciato per sette giorni – dopo la rottura di una tubatura e il cedimento della diga posta alla foce del torrente Polcevera per impedire che il greggio finisse nel golfo – ieri, con gli ultimi interventi, è stata quasi completamente assorbita, anche se monitoraggio e protezioni proseguono con intensità maggiore di prima. Stato di emergenza rientrato: la notizia arriva nel primo pomeriggio e con l’allerta se ne va anche la paura del disastro ambientale e i timori che la stagione turistica possa subire un contraccolpo dall’incidente del 17 aprile. Durante il ponte, d’altronde, le località lungo la costa si sono riempite di visitatori e albergatori e commercianti avevano già tirato un sospiro di sollievo.  Ora, però, è un’altra l’emergenza che si apre in Liguria: è infatti iniziata la procedura per spegnere la Iplom di Busalla, la raffineria da cui è cominciato tutto, causa la rottura di un tubo diretto all’impianto. Lo stop obbligatorio – seguito al sequestro dell’oleodotto da parte della magistratura inquirente – dal prossimo 6 maggio manderà in cassa integrazione 240 dei 252 dipendenti. Brutto colpo per l’economia della zona, già in buona parte collassata e sot- to ammortizzatori sociali. Immediata la reazione dei sindacati con in testa il segretario generale Cisl Genova, Luca Maestripieri, che ha chiesto subito un tavolo alla autorità competenti a tutela di lavoro, lavoratori ed ambiente. «Quanto accaduto – afferma il sindacalista – ancora una volta porta alla ribalta un tema secondo noi strumentale, di alternativa tra ambiente e lavoro. I lavoratori sono tra le vittime (sono già stati messi in cassa integrazione a rotazione) e non tra i responsabili. Il giudizio sull’accaduto non spetta a sindacato, lavoratori o altri ma alla magistratura, mentre c’è invece chi ha allestito processi sommari e decretato sentenze». A sciogliere la prognosi sul mare è stata invece la Capitaneria dopo diversi sorvoli, tra domenica e ieri, sulla zona e la rimozione di alcune macchie nel varazzino da navi inviate ad hoc dal ministro dell’Ambiente (4.500 metri cubi di acqua e petrolio). «Il prodotto finito a mare è stato pressoché totalmente recuperato, tranne una minima parte che si è dissolta sotto l’azione delle correnti che ne hanno disperso le residue iridescenze al largo», spiega una nota, informando del ripristino dello sbarramento e rinforzo nel Polcevera. Dove però ora si deve pensare alla bonifica: «Sicuramente c’è una quantità di prodotto significativa sui fondali del Polcevera e del Fegino e ci saranno state infiltrazioni più in profondità – ha spiegato il governatore Toti –. Occorrerà quindi verificare la falda e i terreni circostanti. Tutto questo però farà parte dell’intervento che sarà avviato in coordinamento con il Dipartimento nazionale di Protezione Civile, l’Ispra e con la nostra Arpal». E poi c’è l’indagine della magistratura che dovrà appurare perché la tubatura gestita dalla Iplom si sia rotta: per vetustà della condotta, e quindi per mancanza di manutenzione, o perché è stata sottoposta a uno stress meccanico dovuto, per esempio, a lavori sul fondo, o ancora a causa di un errore umano o di mancanza di manutenzione.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: