mercoledì 23 ottobre 2013
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La mafia, è ben noto, non ha colore, non ha partiti, li sfrutta. Anche l’antimafia non dovrebbe avere colore. La lotta alle cosche, e alle collusioni con la politica, dovrebbe unire. Come fu per la Resistenza ai nazifasciti. E invece in queste settimane è andata in scena sul fronte della Commissione Antimafia la tragicommedia dei veti incrociati, del «sono più antimafioso» di te (anche se qualche scelta dei componenti andava meglio ponderata...). Candidati alla presidenza impallinati e altri eletti con maggioranze risicate. Una triste immagine di divisione mentre nel Paese la questione mafie è sempre più "questione nazionale". Tanto tempo perso in "giochetti" di poltrone mentre sui territori le positive esperienze di antimafia sociale vivono un crescente rischio. Ora la commissione è finalmente operativa, si volti pagina, superando code polemiche, evitando minacce aventiniane, recuperando equilibrio. Non è un presidente che fa una commissione ma il lavoro che svolge. Nella massima condivisione. E quello che attende l’Antimafia è troppo importante per impantanarsi nuovamente nella politichetta. Servono segnali forti, come un concreto sostegno alle cooperative che operano sui beni confiscati, spesso lasciate sole dalle istituzioni come denunciamo, proprio oggi, a pagina 11. Servono proposte concrete per un’efficace lotta ai vecchi e nuovi interessi mafiosi. Proposte da realizzare insieme, superando almeno su questo fronte ogni sterile e inutile contrapposizione.
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