venerdì 27 maggio 2016
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Morto a 100 anni Capovilla. Fu segretario di Giovanni XXIII C on la scomparsa di Loris Francesco Capovilla, cardinale, muore un personaggio particolare della storia della Chiesa del Novecento. Don Loris è stato segretario di Giovanni XXIII, totalmente vicino a lui e ai suoi intenti evangelici e riformatori. Gli ambienti ostili alle aperture giovannee lo hanno considerato l’«anima nera» del pontificato, un «prete di sinistra» che spingeva verso aperture pericolose. Secondo questi gruppi, papa Giovanni avrebbe dovuto essere un pontefice di transizione, dopo un pontificato drammatico come quello di Pio XII. Invece i brevi anni di papa Roncalli sono stati una svolta profonda, soprattutto attraverso l’inaugurazione del Concilio Vaticano II. Capovilla non è stato l’ispiratore segreto del Papa che, da parte sua, nutriva consolidate visioni per il futuro della Chiesa. Ma ha rappresentato un aiuto indispensabile nell’accompagnare Giovanni XXIII attraverso le difficoltà del governo pontificale. Si è scontrato con le resistenze di una macchina curiale che temeva il rinnovamento. Basti pensare al cardinal Ottaviani il cui motto e il cui programma era Semper idem, sempre lo stesso: una politica difensiva verso la modernità per una Chiesa che si sentiva aggredita da tanti nemici, tra cui il comunismo. Per Ottaviani, Capovilla era quanto meno un prete visionario. Non si tratta, qui, di fare il bilancio del pontificato di Giovanni XXIII ma di ricordare un testimone spentosi ad oltre cent’anni. Il riconoscimento del cardinalato è arrivato a Capovilla tardi, solo con papa Francesco. Ma il migliore riconoscimento egli lo aveva avuto sul letto di morte del suo amato Papa, quando Giovanni XXIII gli ha detto: «Non ci siamo fermati a raccogliere le pietre che ci venivano lanciate da ogni parte...». Capovilla infatti è stato testimone cooperatore dell’opera di Giovanni XXIII, ma anche custode della sua memoria. Vescovo a Chieti e a Loreto, Capovilla si è impegnato nel custodire la memoria del defunto pontefice, operando per il passaggio dell’immagine del 'Papa Buono' dall’emozione e dal mito alla memoria storica. Custode dell’archivio di papa Giovanni (fatto unico che le carte di un Papa fossero lasciate al segretario particolare), don Loris ha sostenuto e promosso la storicizzazione della figura del 'suo' pontefice. Si pensi alla documentazione e alla ispirazione fornite al libro di Giancarlo Zizola, 'L’utopia di Papa Giovanni', che immediatamente ha proposto un’immagine evangelica e umana del pontefice. Ma molti altri lavori storici sono stati sorretti da Capovilla. Non ha voluto costruire monumenti al Papa scomparso, contribuendo invece in modo decisivo a farne un riferimento storico per le generazioni a seguire. Ricordo i tanti incontri con lui, le conversazioni affettuose, gli incoraggiamenti, le benedizioni, ma anche la narrazione partecipe di episodi piccoli e grandi della storia della Chiesa che lui aveva vissuto. Nella casa di Sotto il Monte, dove si era ritirato da anni, amava ascoltare e incontrare, sino all’ultimo per nulla fuori dal mondo. Non aveva parole di nostalgia per il passato anche se esprimeva preoccupazioni per la situazione della Chiesa e per un orientamento che non gli pareva del tutto in linea con quello di Giovanni XXIII e del Concilio. Ma aspettava con fiducia la «primavera della Chiesa», secondo l’espressione di papa Giovanni. L’elezione di papa Francesco lo aveva riempito di gioia: gli sembrava che la primavera della Chiesa fosse arrivata davvero. In molti abbiamo un debito spirituale e umano nei suoi confronti, come cristiani, come studiosi di storia, come gente del nostro tempo a cui ha insegnato a sperare.
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