
Foto di gruppo al convegno AiSla di Jesi
«Ognuno di noi è unico e meraviglioso, ma insieme siamo un capolavoro». È il messaggio tracciato sul “Grande Albero della Vita” che ha preso forma a Jesi il 16 e 17 maggio, nella due giorni della Conferenza nazionale di AiSla, l’Associazione italiana Sclerosi laterale amiotrofica. Molto più di un gesto simbolico: un manifesto civile, etico e profondamente spirituale, segno di una comunità dalle mani aperte e capaci di impegno operoso per costruire il bene.
Perché in un tempo che sembra fare della frammentazione e dell’isolamento la norma, AiSla ha scelto di dare evidenza all’Italia che si prende cura, unendo – fisicamente e idealmente – istituzioni, famiglie, operatori, volontari e persone con Sla, in un incontro intenso, ricco di pensiero e pregno del desiderio di continuare a camminare insieme.
Un vero e proprio laboratorio civico, di esercizio di quella democrazia che è prima di tutto assunzione di responsabilità condivisa. Capacità di ascolto, progetto e prossimità sono stati i messaggi chiave che hanno attraversato ogni momento della Conferenza, nella cornice storica della riforma sulla disabilità.
Parole che hanno fatto da guida alla tavola rotonda sulle “Nuove prospettive normative e il Progetto di Vita”: la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, la viceministra del Lavoro e delle Politiche sociali Maria Teresa Bellucci, il vicepresidente della Regione Marche Filippo Saltamartini e gli esperti nazionali sul tema hanno parlato la medesima lingua della corresponsabilità, riconoscendo un Terzo Settore alleato e cuore pulsante di un Paese che mira a tutelare il valore della salute e che, come insegna l’articolo 32 della Costituzione, «non è solo diritto fondamentale dell’uomo ma interesse della collettività».
Un esercizio del senso più alto della politica – intesa come “servizio alla polis” – che si intreccia con la visione e la missione di AiSla del prendersi cura, dove al centro è posto sempre e comunque il valore della persona e mai la sua malattia.
Non a caso, la figura che ha segnato la giornata inaugurale è stata quella della beata Armida Barelli, pioniera laica del Novecento, che ha attraversato la Sla dalla quale era affetta con la fede viva di chi sa che il corpo può cedere ma l’anima resta libera. Il suo ricordo, affidato allo storico Ernesto Preziosi, è stato un richiamo potente alla possibilità di essere santi nella fragilità, alla bellezza disarmante di una vita donata fino all’ultimo respiro.

Una comunità in cammino è la fotografia delle giornate di Jesi, dunque, comunità che si riconosce negli obiettivi raggiunti insieme nel 2024: le 64 sedi attive, i 20.000 interventi, gli oltre 2 milioni di euro raccolti e l’87% di risorse investite nella missione sono la testimonianza di chi ha scelto di esserci, con competenza e amore, per non lasciare indietro nessuno.
A Jesi AiSla ha ricordato a tutti noi che la cura non è un atto tecnico ma è prima di tutto un gesto spirituale, che il cambiamento è fatto di partecipazione e che l’ascolto è il primo passo per costruire una società davvero giusta.
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