giovedì 3 giugno 2021
Le trasfusioni su anziani portano benefici? Un mercato potenzialmente ricchissimo spinge ricerca, investimenti. E illusioni
Fiala di plasma

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Nel mezzo della pandemia di Covid-19, si era guardato con speranza all’uso di plasma da soggetti guariti come potenziale risorsa terapeutica o preventiva. La tecnica è stata presto abbandonata per mancanza di risultati significativi. Tuttavia, le potenzialità della trasfusione di plasma – la parte del sangue che contiene proteine e nutrienti ma non cellule – sono studiate da decenni per ottenere effetti rigenerativi. E la recente esplosione di queste sperimentazioni negli Stati Uniti ha fatto parlare di 'vampiri 2.0' alla ricerca dell’eterna giovinezza. L’origine degli studi sul sangue per invertire l’orologio biologico risale alla parabiosi – una tecnica con cui due organismi (tipicamente, un topo giovane e uno 'anziano') vengono uniti chirurgicamente in modo da ottenere un sistema circolatorio condiviso.

Lo scambio sanguigno fa sì che alcuni parametri fisiologici dell’individuo meno efficiente possano migliorare grazie all’apporto di molecole contenute nel plasma dell’altro soggetto. Il primo studio documentato legato alla longevità fu realizzato da Frederic Ludwig e Robert Elashoff. Più di mezzo secolo fa, i due scienziati notarono che topi di età corrispondente ai 65 anni di un essere umano, se combinati ad animali giovani, vivevano 4/5 mesi più a lungo degli esemplari di controllo. Ma soltanto di recente è tornato l’interesse per gli studi nel campo della parabiosi, in particolare grazie ad Amy Wagers e colleghi alla Stanford University, nel laboratorio di Irving Weissman e Thomas Rando.

Un’altra linea di ricerca si deve al gruppo di Tony Wyss-Coray. Studi su topi anziani hanno mostrato un aumento della crescita neuronale e miglioramenti della memoria dopo 10 trasfusioni di sangue proveniente da topi giovani. Secondo i ricercatori, oltre all’ossigeno, il sangue trasporta importanti molecole messaggere. Studiando tali fattori di comunicazione, si è notato che la metà di essi cambia con l’invecchiamento. È stato quindi dimostrato che una proteina nel sangue del cordone ombelicale umano migliora la memoria e l’apprendimento nei topi di età avanzata, con evidenti effetti comportamentali. Sangue ombelicale è stato somministrato a topi modificati geneticamente in modo da avere un sistema immunitario che evitasse il rigetto dei tessuti umani. Dopo essere stato iniettato ogni 4 giorni per 2 settimane, il sangue ha riattivato i neuroni nell’ippocampo di animali anziani, che hanno così migliorato le loro prestazioni nei classici test del labirinto. Risultati definitivi sono ancora lontani ma, come facilmente ipotizzabile, l’idea di estrarre il plasma dal sangue giovane per poi infonderlo negli anziani è entrata con prepotenza nella gamma dei trattamenti sperimentali che promettono benefici concreti.

Con una serie di ambiziose start-up che puntano a cavalcare questo mercato. Una di esse, chiamata Ambrosia, ha recentemente attirato molta attenzione. Le sue ricerche non hanno avuto bisogno dell’approvazione della Food and Drug Administration (Fda) americana perché le trasfusioni sono una procedura medica consolidata. I pazienti testati comprendevano giovani determinati a rimanere in buona salute e persone anziane (affette da Alzheimer e diabete) che cercavano un miglioramento della propria condizione. Il sangue è stato acquistato, in linea con le norme vigenti, da centri di raccolta in cui i giovani donano senza compenso. E negli Stati Uniti i medici possono facilmente acquistare plasma, considerato un farmaco da prescrizione.


I test sui topi hanno fornito risultati promettenti, creando grandi attese per il passaggio sull’uomo. Nascono start-up spinte da consistenti capitali, ma intanto si moltiplicano gli interrogativi etici


Nonostante gli annunciati successi però, nel febbraio 2019, la Fda ha messo sotto osservazione Ambrosia per mancanza di documentazione scientifica. Dopo alcuni mesi di attività limitata, l’azienda è tornata operativa in Florida, per poi chiudere completamente nell’agosto scorso. Nel frattempo, il fondatore Jesse Karmazin ha creato una nuova società chiamata Ivy Plasma, che svolge attività simili, ma senza specificare da dove provenga il sangue. Altre realtà sono in rampa di lancio o già in azione. Una start-up chiamata Alkahest è stata fondata dal biologo Wyss-Coray e cofinanziata da un miliardario di Hong Kong, il cui nonno affetto da Alzheimer dovrebbe beneficiare delle trasfusioni di plasma, e dalla Plasma Company Grifols, che ha investito 37,5 milioni di dollari. La sperimentazione consiste nella trasfusione di plasma da donatori di 18-30 anni a 18 malati di Alzheimer una volta alla settimana per 4 settimane: l’obiettivo è valutare la sicurezza della procedura e la possibilità di migliorare i deficit cognitivi. I soggetti con malattia di Alzheimer da lieve a moderata di età compresa tra 54 e 86 anni sono divisi in due gruppi 'in cieco': uno ha ricevuto plasma, mentre l’altro soltanto una soluzione salina. Secondo i risultati preliminari, non vi sono state reazioni avverse e i pazienti hanno riportato modesti miglioramenti.

Su un diverso fronte, Wagers ha intrapreso un percorso imprenditoriale fondando la società Elevian, che ora intende sfruttare il fattore di differenziazione della crescita GDF11, da lei individuato nel plasma dei topi con esperimenti dagli esisti controversi. Quando è stato infuso direttamente, nei modelli animali, esso sembra avere prodotto un aumento di tono e forza muscolare e si è dimostrato benefico per il fegato, il midollo spinale e il cervello. Ora si vuole testare se versioni di GDF11 sintetizzate in laboratorio possono aiutare a curare l’ictus e altre ma-lattie legate all’età nell’essere umano. L’anno scorso Elevian ha raccolto 15 milioni di dollari per far avanzare ulteriormente la terapia. Appare evidente che, se dovessero venire confermate anche parzialmente le promesse delle aziende nel settore del 'ringiovanimento', le potenzialità di mercato sarebbero enormi. Ciò fa sì che sia molto alto il rischio di creare illusioni e vendere trattamenti inefficaci a coloro che aspirano non solo a evitare le malattie tipiche dell’età avanzata ma a contrastare il processo (naturale) di senescenza organica.

Da tempo si discute se l’invecchiamento sia da considerare una malattia da curare o meno, e le potenziali cure orienterebbero anche culturalmente nella direzione di patologizzare gli anziani. Nel mercato del plasma potrebbero inoltre sommarsi altri temi bioetici controversi, dallo sfruttamento dei donatori alle disuguaglianze create dal fatto che soltanto pochi individui molto ricchi potrebbero accedere alle costose cure. In generale, la corsa all’eterna giovinezza dei nuovi 'vampiri' – ottenuta per via medica – potrebbe finire con lo snaturare le relazioni e l’alternarsi tra generazioni, frenare il salutare ricambio ai posti di comando e minare l’intera struttura sociale per come la conosciamo.

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