sabato 5 marzo 2022
Parla Maurice Okao, il giovane primario di Pediatria all’Ospedale di Kalongo, fondato nel 1957 in Uganda dal missionario-chirurgo comasco del Pime che sarà beatificato in novembre
«Medico per la mia Africa nel nome di padre Ambrosoli»
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«Padre Giuseppe è la mia fonte di ispirazione. Vorrei vivere come lui, imitandone l’umiltà e la capacità di servizio: uno stile di umanità che lo portava a mettere gli altri sempre prima di se stesso. Sapeva entrare in relazione con i pazienti e il personale ospedaliero. Anche nelle difficoltà donava un sorriso». Sono velati di commozione gli occhi del dottor Maurice Okao mentre parla di padre Giuseppe Ambrosoli, medico chirurgo e missionario comboniano nato a Ronago (Como), fondatore fra il 1957 e il 1959 a Kalongo – Nord Uganda – dell’Ospedale che porta il suo nome e della Scuola di Ostetricia «St. Mary Midwifery School». A novembre 2019 papa Francesco autorizzò il decreto per la beatificazione di padre Ambrosoli: e dopo due sospensioni causa pandemia, ora il rito è previsto il 20 novembre in Uganda.

Il 3 marzo a Como si riunisce per la prima volta il comitato diocesano per la beatificazione.
Okao, medico ugandese poco più che trentenne, ha conosciuto Ambrosoli attraverso letture e testimonianze. E oggi è primario di Pediatria proprio all’ospedale di Kalongo: è la prima volta che il nosocomio può contare su una figura così specializzata. Il «Dr. Ambrosoli Memorial Hospital» è il punto di riferimento sanitario e sociale per il suo distretto – Agago, territorio della tribù degli Acholi – ma anche per i sei confinanti, oltre mezzo milione di persone. Maurice aggiunge un’ulteriore sfumatura: padre Giuseppe era selfness, un uomo «generoso e altruista in modo assolutamente disinteressato».

Incontriamo Okao a Milano, nella sede italiana della Fondazione Ambrosoli. Laureato all’Università Makerere di Kampala, dopo due anni in Pediatria a Kalongo, grazie a una borsa di studio della Fondazione Ambrosoli con fondi 8xmille stanziati dalla Cei ha completato la formazione con un master in Pediatria e Salute infantile e una formazione specifica in neonatologia. L’attenzione all’infanzia e alla salute delle donne è da sempre centrale per la realtà sanitaria fondata da padre Ambrosoli. L’Uganda è il Paese più giovane del mondo e nel distretto di Agago quasi il 40% della popolazione ha meno di 10 anni: in 60 anni di vita il «Dr. Ambrosoli Memorial» ha curato più di 3 milioni di pazienti, il 70% donne e bambini sotto i 5 anni, mentre nella «St. Mary Midwifery School» si sono diplomate oltre 1.400 ostetriche assicurando competenza nei parti, e un lavoro socialmente rispettato per centinaia di donne.
La pandemia a Kalongo si è innestata su una realtà già molto critica. Qui il 66% della popolazione vive sotto la soglia della povertà (meno di un dollaro al giorno), più del 35% soffre di malnutrizione (in aumento negli ultimi due anni) e l’8,35% è affetto da Hiv. «L’Uganda ha conosciuto lockdown molto stretti – racconta Okao –. Anche i malati avevano bisogno di particolari lasciapassare per raggiungere l’ospedale.

Questo si è aggiunto ai problemi strutturali, come la povertà e l’assenza di vie di comunicazione o mezzi di trasporto. Chi è riuscito ad arrivare in ospedale lo ha fatto con forte ritardo, compromettendo uno stato di salute fragile per malattie come la malaria che, soprattutto in età pediatrica, se non curata per tempo può portare a disfunzioni e disabilità permanenti».
La testimonianza del medico è confermata dai numeri. In epoca pre-pandemia un consulto pediatrico aveva una durata media di 10 minuti, saliti a 20 negli ultimi mesi proprio a causa delle complicanze. Nel reparto di Pediatria di Kalongo, nel periodo 2020-2021 rispetto al 2018-2019 si sono registrati meno pazienti ma 6mila giornate di ricovero in più, prova della gravità dei casi; il periodo di degenza è aumentato del 36% e il tasso di mortalità è salito del 3%, il più alto degli ultimi 14 anni. «Sono i dati ufficiali – osservano da Fondazione Ambrosoli –, ma sfuggono tutti i casi che non hanno potuto raggiungere l’ospedale».

Quello di Kalongo è stato l’hub Covid di riferimento per il distretto di Agago e i dintorni: grazie agli sforzi umanitari ed economici di Fondazione Ambrosoli è stato possibile far arrivare guanti, mascherine e altri presìdi di protezione personale. Tutto è aumentato: il costo dei farmaci, le manutenzioni di macchinari, il carburante, il trasporto in ambulanza. Molto complesso l’aspetto vaccinazioni: nei mesi scorsi sono arrivate – attraverso le donazioni dei Paesi occidentali – diverse scorte di vaccini ma erano scaduti o prossimi alla scadenza, quindi quasi inutilizzabili. Ora la situazione sta migliorando: un segnale di speranza è dato dalla riapertura delle scuole, chiuse da marzo 2020 con conseguenze pesanti sulla vita delle generazioni più giovani, specialmente le ragazze.
Okao non è nativo di Kalogo né del distretto di Agago... Perché tanta passione per il "«Dr. Ambrosoli Memorial», dove molti medici, infermieri, ostetriche si sono formati e hanno lavorato ma poi si sono trasferiti altrove, sebbene l’ospedale sia una vera e propria cittadella? Nel complesso vivono circa 900 persone e, con un progetto finanziato dalla Cei, si sta passando dalle capanne alle case, affiancando anche la realizzazione di servizi e altri interventi di supporto. «Questa regione continua a soffrire moltissimo – spiega Maurice –. C’è un forte disagio psicologico post-traumatico provocato dalla guerra civile (un conflitto non del tutto risolto, che ha portato a oltre 300mila morti - ndr). Negli adulti di oggi stanno emergendo le sofferenze dei bambini di ieri. E questo, a cascata, provoca altri problemi: stress che impedisce un percorso lavorativo e familiare sereno, aumento della povertà in un tessuto economico precario che vive di piccolo commercio e agricoltura di sussistenza, violenza di genere, malessere genitoriale nella crescita dei bambini, frustrazione che può scaturire nell’abuso di alcol». Problemi che il Covid ha amplificato e aggravato.
Una realtà come il «Dr. Ambrosoli Memorial» è un avamposto di civiltà, che cura le persone come pazienti e proteggendone la dignità, assicurando equità e la massima qualità dell’assistenza, al pari dei centri medici più grandi, come il Kampala General Hospital. «Il mio sogno è che l’Ospedale di Kalongo diventi un esempio per tutti e un luogo di eccellenza per le cure pediatriche – conclude Okao –. Per me conta l’umanità: non sono medico per monetizzare ma per far sorridere le persone e migliorare le loro vite». Sull’esempio di padre Giuseppe Ambrosoli.
Info su Fondazione Ambrosoli: www.fondazioneambrosoli.it

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