martedì 11 marzo 2025
Torna all’esame della Consulta la legge che 20 anni fa superò il vaglio del referendum. Sotto esame il fatto che la genitorialità in provetta sia riservata alle coppie, e solo se di sesso diverso
“Diritto al figlio” per le donne single? La Corte costituzionale decide
COMMENTA E CONDIVIDI

È conforme alla nostra Carta costituzionale il divieto – imposto dalla legge 40 del 2024 – che una donna single possa accedere alla Procreazione medicalmente assistita? È quanto discusso in Corte costituzionale nell'udienza pubblica dell'11 marzo, su impulso del Tribunale di Firenze e con un’istanza fatta propria dell’Associazione Luca Coscioni. L’«assunzione di responsabilità [genitoriale, ndr] (...) deve esserci a prescindere dal legame biologico e genetico», ha scandito in udienza pubblica Filomena Gallo, segretaria generale del sodalizio. Di avviso diverso è l’Avvocatura di Stato, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso per una serie di ragioni. «I precedenti della Corte sulla legge 40 – ha affermato nella stessa udienza Wally Ferrante, difensore dello Stato – hanno riguardato altri aspetti, mai hanno inciso sul requisito della famiglia per il nascituro».

D’altronde – ha proseguito, facendo riecheggiare anche un consolidato orientamento della Corte europea per i diritti dell’uomo – «solo il legislatore può prendere decisioni di questo tipo». E la legislazione vigente «fa in modo che il bambino sia, almeno in partenza, nelle migliori condizioni riguardo al contesto dove si trova a vivere». Ecco, secondo l’Avvocatura, la ragione delle limitazioni dell’accesso alla Procreazione medicalmente assistita: garantire «la migliore situazione per la crescita e l’identità personale di un bambino che avrà il diritto di sapere un giorno come è stato generato».

Ovviamente, per generare il bimbo è servito anche un gamete maschile, che è stato acquistato da un “donatore” anonimo. Dunque da una persona che ha impresso al bimbo la propria identità, ma che quest’ultimo mai avrebbe potuto conoscere. Chiarito ciò, il difensore dello Stato ha disinnescato la censura per cui la legge 40 creerebbe disparità di trattamento tra una donna single e una coniugata.

In verità , fa notare Ferrante, nel caso in esame si sta parlando non di una donna senza partner e una coniugata, bensì di «una donna single e una coppia». Vale a dire, contesti profondamente diversi. «Quindi non stiamo parlando di situazioni omogenee». Ed ecco la conclusione: «Se parlassimo di diritto alla genitorialità intangibile», come sostenuto da chi auspica l’intervento della Consulta sulla legge 40, «allora si verrebbe a creare una disparità di trattamento tra donne e uomini single, e la soluzione sarebbe solo nella gestazione per altri: siamo tutte quante a difesa dei diritti delle donne, riflettiamo su cosa vuol dire questa pratica».

La vicenda della quale i giudici costituzionali sono stati chiamati a occuparsi scaturisce dal caso di Evita, una donna di 40 anni che si è vista rifiutare la maternità in provetta da una clinica specializzata toscana. Da qui la competenza del Tribunale di Firenze, che – aderendo al dubbio di legittimità costituzionale della legge 40, nell’articolo in cui riserva la fecondazione assistita alle solo coppie eterosessuali – ha investito della questione la Consulta. Ed è stato proprio il Tribunale di Firenze a cavalcare il tema della disparità di trattamento tra donne single e donne coniugate, obiezione poi “smontata” dall’Avvocatura di Stato. La sentenza della Consulta è attesa per le prossime settimane.

Pochi giorni prima la Corte costituzionale era stata chiamata a esaminare un ricorso sempre sui figli in provetta ma in merito al caso di una coppia di donne che avevano fatto ricorso alla fecondazione eterologa all'estero chiedendo poi che il figlio di quella che tra le due è la madre fosse riconosciuto come figlio anche della partner.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI