sabato 27 gennaio 2024
La Stazione spaziale internazionale ospita un esperimento sulle cure oncologiche, a regia italiana: in assenza di gravità vengono ingegnerizzate cellule per personalizzare al massimo le terapie
La partenza di una recente missione spaziale da Cape Canaveral

La partenza di una recente missione spaziale da Cape Canaveral - Ansa

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Linfociti nello spazio per combattere il cancro: l'avveniristico Progetto Ica (“Immune Cell Activation”) è in fase di lancio, in senso letterale. Lunedì 29 gennaio infatti vengono immesse nel bioreattore Kubik, posizionato all'interno del modulo europeo della Stazione spaziale internazionale (Iss) in orbita attorno alla Terra, colture cellulari di linfociti T specifici provenienti da pazienti affetti da melanoma per essere poi ingegnerizzate con nanoparticelle magnetiche e diventare così killer selettivi contro cellule tumorali e altri bersagli di malattie.

Il contenuto biologico raggiunge l'Iss a bordo della navicella spaziale Cygnus CRS-2 NG-20 in partenza da Cape Canaveral. La strategia terapeutica al centro dell'esperimento è la nanoingegnerizzazione delle cellule immunitarie specifiche contro un determinato antigene espresso dal tumore: una volta incorporate, le nanoparticelle sono attivate mediante campo elettromagnetico e agiscono per eliminarlo una volta reintrodotte nel flusso sanguigno del paziente.

Mario Milco D'Elios

Mario Milco D'Elios - .

Le potenzialità e i vantaggi della tecnica sono notevoli, come racconta Mario Milco D’Elios, “principal investigator” del progetto. Professore ordinario presso l’Università di Siena e immunologo di fama mondiale, si trova al Kennedy Space Center di Cape Canaveral per seguire di persona la missione. «Rispetto ad altre forme di trattamento del cancro – spiega ad Avvenire – questo approccio consente di colpire in modo specifico l'obiettivo senza effetti collaterali o rischio di rigetto in quanto altamente personalizzato. Risulta, perciò, minimamente invasivo e con tempi di trattamento ridotti, tutto a favore della qualità della vita del paziente».

Ma perché questa ricerca si trasferisce proprio nello spazio? «Abbiamo visto che le condizioni di microgravità influenzano in senso migliorativo l'assorbimento di nanoparticelle da parte delle cellule immunitarie, nonché altri aspetti del processo. L’obiettivo finale è quello di progettare una “T-cell factory” in grado di produrre linfociti “nanomodificati” personalizzati nel miglior ambiente possibile, e se questo è lo spazio con l'assenza di gravità allora ci muoveremo in questa direzione».
Fanno parte del Progetto Ica anche gli scienziati Giovanni Baldi e il suo team dell'azienda Colorobbia (et al), Chiara Della Bella dell'Università di Firenze e Michele Balsamo della Società Kayser.

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