lunedì 30 giugno 2025
La legge sul suicidio assistito in cantiere in Sardegna e al Senato: l’arcivescovo di Cagliari e segretario generale Cei ricorda la priorità della “cura totale” per le situazioni di grande sofferenza
L'arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei Giuseppe Baturi

L'arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei Giuseppe Baturi - Agenzia Romano Siciliani

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Come si risponde al “dolore totale” di tanti malati? «La soluzione non è quella di anticipare o agevolare la morte ma rispondere in termini di “cura totale”». In una lunga intervista pubblicata domenica dall’Unione Sarda, quotidiano di Cagliari, l’arcivescovo della città monsignor Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei, affronta i principali temi al centro del dibattito sul fine vita. In Sardegna la maggioranza di centrosinistra sta infatti portando avanti un disegno di legge con l’obiettivo di giungere, come già in Toscana, a legalizzare il suicidio assistito nell’Isola.

«Il dramma di tante esistenze, definito “dolore totale” – dice tra l’altro Baturi –, non deriva solo dall’inabilità fisica, ma spesso anche dalla solitudine, da un dolore fisico che non è sopportabile, dalla necessità di assistenza psicologica e del coinvolgimento della società in termini affettivi. Intervenire in questi ambiti significa intervenire sulla libertà che è tale solo se viene liberata da costrizioni morali. Come ha ricordato la Presidenza della Cei in una nota, lo scorso 19 febbraio, “sulla vita non ci possono essere polarizzazioni o giochi al ribasso. La dignità non finisce con la malattia o quando viene meno l’efficienza. Non si tratta di accanimento, ma di non smarrire l’umanità”».

La sede del Consiglio regionale della Sardegna a Cagliari

La sede del Consiglio regionale della Sardegna a Cagliari - Ansa

L’arcivescovo di Cagliari chiarisce il punto-chiave: la cura totale, spiega, «è quella che si interessa dell’integrità fisica, degli aspetti affettivi, della cura domiciliare, della terapia del dolore e del coinvolgimento del terzo settore. In generale stiamo parlando delle cure palliative». Baturi ricorda che la legge di bilancio del 2022 «prevedeva l’obiettivo di raggiungere il 90% di copertura rispetto ai malati terminali. Su tutto il territorio nazionale registriamo una forte disparità di trattamento tra le Regioni. In Trentino la copertura è oltre il 70%, in Sardegna non raggiunge il 5%».

Parlare di aiuto al suicidio quando manca chiaramente l’aiuto a vivere è come scegliere una scorciatoia senza ascoltare la domanda di cura: «In Sardegna, come in altre Regioni – aggiunge Baturi –, manca un piano territoriale per l’istituzione degli hospice. C’è tanto da fare per sostenere un paziente terminale. Penso al ruolo decisivo che potrebbero svolgere le realtà associative per il sostegno morale, spirituale e psicologico del paziente che si trova di fronte al “dolore totale”. Ribadisco: il nostro problema non deve essere quello di agevolare la morte e di creare condizioni per cui la si scelga. Lo spessore della nostra civiltà si misura sulla capacità di garantire una cura anche quando non c’è guarigione per fare in modo che nessuno venga abbandonato».

Un punto fermo assunto anche dalla Corte Costituzionale, che «non ha voluto affermare un diritto alla morte equivalente al diritto alla vita. Si deve ragionare in termini di eccezione». Perché «il fine vita richiede la dignità del vivere». «Non invochiamo una “legge cattolica”»: «Il problema è quale sia l’obiettivo» e «la cultura che vogliamo sviluppare».

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