martedì 9 aprile 2024
Sulla risoluzione che Strasburgo vuole approvare per introdurre l'interruzione di gravidanza nella Carta valoriale dell'Unione intervengono gli episcopati cattolici dei 27 Paesi membri
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«L’aborto non potrà mai essere un diritto fondamentale» dell’Unione Europea. Il concetto viene scolpito a chiare lettere dalla Comece (Commissione delle Conferenze episcopali dell’Ue) che prende posizione in una nota firmata dalla presidenza e diffusa alla vigilia del voto col quale il Parlamento europeo dovrebbe pronunciarsi sull’ipotesi di un futuro inserimento del “diritto all’aborto” nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. La contestatissima risoluzione è attesa in aula a Strasburgo l’11 aprile, con il convergere del Partito socialista europeo, di Renew (formazione proponente, in Italia Azione e Italia Viva), di altre formazioni di sinistra e di alcuni eurodeputati del Partito popolare che fa prevedere una larga approvazione. Gesto concretamente irrilevante ma politicamente significativo quando ormai siamo entrati in campagna elettorale per il rinnovo dell’assemblea legislativa continentale in giugno.

In questo clima la nota del coordinamento degli episcopati cattolici dei 27 Paesi membri Ue – il cui presidente è l’italiano Mariano Crociata, vescovo di Latina ed ex segretario generale della Cei – dice un sì «alla promozione della donna e al diritto alla vita» e un no «all’aborto e all’imposizione ideologica». «La promozione delle donne e dei loro diritti non è collegata alla promozione dell’aborto – argomentano i vescovi –. Lavoriamo per un’Europa dove le donne possano vivere la maternità liberamente e come un dono per loro e per la società e dove essere madre non sia in alcun modo una limitazione per la vita personale, sociale e professionale. Promuovere e facilitare l’aborto va nella direzione opposta alla reale promozione delle donne e dei loro diritti».

Nel testo, che porta accanto a quella di monsignor Crociata le firme dei vicepresidenti Antoine Hérouard, arcivescovo francese di Digione, Nuno Brás da Silva Martins, vescovo portoghese di Funchal, Czeslaw Kozon, vescovo di Copenhagen, e del lituano Rimantas Norvila, vescovo di Vilkaviškis, si dice che «il diritto alla vita è il pilastro fondamentale di tutti gli altri diritti umani, in particolare del diritto alla vita dei più vulnerabili, fragili e indifesi, come il bambino non ancora nato nel grembo della madre, il migrante, l’anziano, la persona con disabilità e i malati». La Comece cita la nuovissima Dichiarazione «Dignitas infinita sulla dignità umana» del Dicastero per la Dottrina della Fede come documento che attesa la «coerenza» nell’insegnamento della Chiesa: «Va dunque affermato con tutta la forza e la chiarezza, anche nel nostro tempo – si legge nel passo citato, al numero 47 –, che questa difesa della vita nascente è strettamente legata alla difesa di ogni altro diritto umano. Implica la convinzione che l’essere umano è sempre sacro e inviolabile, in ogni situazione e in ogni stadio dello sviluppo. Gli esseri umani sono fini in sé stessi e mai un mezzo per risolvere altri problemi. Una volta venuta meno questa convinzione, vengono meno i fondamenti solidi e duraturi per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti ai capricci passeggeri del potere».

I vescovi della Comece ricordano un principio aureo dell’Europa comunitaria ma che interventi “rumorosi” e a forte tasso di ideologicità – cambiare la Carta richiede l’unanimità dei 27, di fatto impossibile, come gli eurodeputati sanno molto bene – sembrano ignorare: «L’Unione Europea – si legge nella nota – deve rispettare le diverse culture e tradizioni degli Stati membri e le loro competenze nazionali» e «non può imporre ad altri, dentro e fuori i suoi confini, posizioni ideologiche sulla persona umana, sulla sessualità e sul genere, sul matrimonio e sulla famiglia, ecc.». Non solo: «La Carta dei diritti fondamentali dell’Ue non può includere diritti che non sono riconosciuti da tutti e che creano divisione. Non esiste un diritto riconosciuto all’aborto nel diritto europeo o internazionale, e il modo in cui questa questione viene trattata nelle Costituzioni e nelle leggi degli Stati membri varia considerevolmente». Vale la pena ricordare proprio quella Carta che si vorrebbe cambiare inserendo il “diritto all’aborto” ma che nel preambolo vede scritto a chiare lettere che la stessa Carta dei diritti fondamentali deve rispettare «la diversità delle culture e delle tradizioni dei popoli d’Europa» e «le tradizioni costituzionali e gli obblighi internazionali comuni agli Stati membri». Un estremo tentativo di far riflettere gli eurodeputati e i partiti che si accingono a chiedere il nostro voto.

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