giovedì 13 luglio 2023
Il potente antidolorifico che negli Usa ha creato dipendenze e mietuto vittime sbarca clandestinamente in Italia. Una ricerca Volocom sulla (scarsa) vigilanza dei media
Un'immagine della serie Tv "Dopesick"

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L’abuso di fentanyl è un problema globale che richiede una risposta globale, agendo anche sul piano informativo e formativo. Eppure i media in gran parte non ne hanno ancora acquisito consapevolezza. Il farmaco è un vigoroso oppioide sintetico, antidolorofico simile alla morfina ma ancora più potente. In molti Paesi può essere regolarmente prescritto dai medici, ma lo smercio illegale è sempre più diffuso: utilizzato “da taglio” con altre droghe (soprattutto eroina e cocaina), crea un mix letale di cui i consumatori stessi non sono consapevoli. Sintetizzato per la prima volta nel 1960, la Cina oggi ne è il principale produttore illegale. Dall’Oriente viene poi esportato sul mercato nero, soprattutto negli Stati Uniti, attraverso la distribuzione condotta dai cartelli messicani.

La potenza e la dipendenza indotta dal fentanyl hanno effetti devastanti: gli Stati Uniti ne hanno fatto dolorosamente esperienza, con una escalation dei decessi per overdose che ha raggiunto nel 2021 il tragico primato di circa 70.600 vittime. Questo tasso di mortalità, mai registrato prima, rappresenta un significativo aumento rispetto ai dati del passato e rende le morti per overdose di fentanyl una delle principali cause dell’epidemia di oppioidi. Nel 2021 il tasso di morte per overdose da Fentanyl era di 21,8 su 100.000 persone, rispetto a un tasso di uno su 100.000 nel 2013.

«Questa sostanza – spiega il neurologo Paolo Maria Rossini, direttore del Dipartimento di Neuroscienze al San Raffaele di Roma – provoca un significativo effetto rebound, un “rimbalzo” che comporta le sensazioni di una sorta di seconda dose a distanza di poche ore dall’assunzione. Si crea poi una tale dipendenza che la sospensione immediata delle assunzioni diventa estremamente pericolosa, fino a mettere in pericolo persino la vita. L’uso in Italia è regolamentato molto bene, il fentanyl viene impiegato soprattutto in ambito neoplastico, con dosaggi controllati che non creano dipendenza in tempi ragionevoli. Ma i limiti previsti non devono mai essere superati».

Nonostante la sua letalità, la portata del problema sfugge ancora all’attenzione dell’opinione pubblica e dei decisori pubblici. Un’indagine condotta da Volocom con un team di ricercatori guidato da Lucrezia Maggio, direttrice dei servizi e della comunicazione, ha rivelato che la copertura mediatica del fenomeno è molto scarsa, specialmente in Europa. Osservando più di tremila articoli, gli analisti hanno riscontrato che, negli ultimi sei anni, i media nazionali italiani hanno prodotto solo 538 articoli sul tema, appena sotto i 100 solo da gennaio 2023. Nel frattempo, le testate americane, in risposta alla gravità del fenomeno nel Paese, ne hanno pubblicati 2.676.

La stampa europea, in generale, sembra essere ben lontana da una piena consapevolezza sul tema: solo 39 articoli pubblicati sui principali quotidiani e periodici francesi, appena 3 in Spagna. Soltanto i tedeschi sembrano aver mostrato una maggiore attenzione, con 111 articoli, sebbene sempre lontani dal livello di copertura offerto dai media americani. I picchi di attenzione sui media, inevitabilmente, coincidono spesso con eventi drammatici, come la morte di celebrità famose, i rapporti internazionali, le operazioni delle forze dell’ordine e le sentenze contro le aziende farmaceutiche.

I rapporti internazionali come il World Drug Report 2021 dell’Onu e le comunicazioni del National Institute on Drug Abuse hanno messo in luce la gravità del fenomeno negli Usa, dove il fentanyl continua a mietere vittime e a sfuggire ai controlli. Le testate americane si sono concentrate su dati e rapporti, sulle riforme e le azioni intraprese da governo e Congresso per facilitare l’accesso ai trattamenti e ai farmaci salvavita, sulle responsabilità delle aziende farmaceutiche e della distribuzione per aver contribuito alla diffusione degli oppioidi. Le società di “Big Pharma” sono state riconosciute in parte responsabili di aver innescato questa crisi di salute pubblica, commercializzando e vendendo in modo aggressivo gli oppioidi. Negli Stati Uniti, molte di esse, tra cui la famosa Johnson & Johnson, hanno accettato patteggiamenti con le famiglie delle vittime e con amministrazioni statali e locali per un totale di oltre 50 miliardi di dollari. Altre, come Purdue Pharma, (il produttore dell’OxyContin, uno degli oppioidi più diffusi negli Usa, al centro della serie tv Dopesick), hanno dichiarato bancarotta evitando cause legali.

Le tragiche scomparse di star come il cantante Prince, il rapper Mac Miller, il rocker Tom Petty e l’attore John Belushi hanno conquistato i titoli dei giornali, ma non hanno modificato la percezione della pericolosità in Italia, neppure dopo il tragico caso dello chef Andrea Zamperoni, trovato senza vita in una stanza d’albergo a New York nel 2019. «La stampa italiana – commenta l’analista Matteo Lunardi – ha mostrato un po’ più di attenzione, forse per il caso eclatante dello chef e per una maggiore sensibilità in ambito sanitario, soprattutto dopo l’emergenza Covid. La responsabilità della stampa è fondamentale per informare e far comprendere la gravità del problema». In Italia recentemente sono stati arrestati alcuni spacciatori che importavano il fentanyl dalla Cina e lo vendevano sul dark web a clienti italiani ed europei. Le forze dell’ordine stanno cercando di contrastare il traffico e lo spaccio di fentanyl, effettuando sequestri e arresti dei responsabili, ma resta essenziale il ruolo dei media. «È importante che si faccia maggiore formazione anche fra noi giornalisti su come leggere e interpretare i dati scientifici – conclude Cristina Da Rold, data-journalist sanitaria – per evitare di banalizzare dinamiche complesse senza dare l’idea della portata di un fenomeno».

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