venerdì 14 gennaio 2022
L'Istituto Cattaneo documenta che nei 9 Paesi dove la "morte a richiesta" è stata legalizzata anche da 30 anni il numero dei casi è in continuo aumento, e l'opinione pubblica è ormai assuefatta
Eutanasia, chi «apre» non si ferma più
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È una prospettiva interessante quella di «Suicidio assistito ed eutanasia. Lezioni da nove Paesi e da trent’anni di applicazione», recente indagine a cura dell’Istituto studi e ricerche Carlo Cattaneo presieduto dal sociologo Asher Colombo.
Lo studio si inserisce nel dibattito in corso sulla "morte medicalmente assistita" con una stimolante ipotesi di lavoro. Si parte dalla presa d’atto dell’inconciliabilità degli orientamenti culturali che si confrontano: uno favorevole alla legalizzazione di forme di morte procurata – suicidio assistito e/o eutanasia –, basato sul diritto all’autonomia individuale, e uno contrario, incentrato sul valore intrinseco della vita umana, considerata indisponibile. Una contrapposizione piena che – osservano gli studiosi – non lascia spazio alla verifica delle conseguenze delle leggi sulla morte assistita nei Paesi dove sono entrate in vigore: è questo lo spazio di riflessione che lo studio occupa, nell’obiettivo dichiarato di «contribuire a spostare il dibattito dal campo delle opinioni a quello della valutazione basata su fatti accertabili».

L’analisi è ovviamente rigorosa dal punto di vista metodologico, nonostante l’eterogeneità e l’incompletezza dei dati disponibili (ad esempio, in Belgio sappiamo di una consistente sottostima dei dati, ma il fenomeno non è quantificabile con precisione). In sintesi, vengono presi in considerazione alcuni Paesi che hanno consentito varie procedure di morte su richiesta: sei europei – Svizzera, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Germania, Spagna –, e tre no (Colombia, Canada, e gli USA, a partire dall’Oregon, il primo dei 10 americani a legalizzare le varie pratiche).
Lo studio conferma autorevolmente alcune importanti osservazioni fatte a riguardo finora: innanzitutto che man mano che aumenta l’accettazione nell’opinione pubblica dell’eutanasia cresce il numero delle persone che vi fanno ricorso. Viene poi mostrato che le morti assistite crescono con continuità negli anni, e si cerca di capire a quale velocità: una sorta di verifica dell’esistenza o meno della slippery slope, quel pendìo scivoloso lungo il quale, una volta imboccato, si scende sempre più velocemente. Per questo si propone una elaborazione particolare: per la prima volta si è cercato di quantificare gli effetti della legge dopo che la sua applicazione si è assestata, e lo si è fatto considerando quel che succede a partire da dieci anni dopo la legalizzazione dell’eutanasia. In questo modo il paragone fra le diverse situazioni è più significativo ed efficace.

I dati per questo calcolo sono disponibili su quattro Paesi: Svizzera, Belgio, Oregon e Olanda. Il risultato è indiscutibile: aumentano costantemente nel tempo le morti procurate, e si può misurare di quanto. In particolare, dopo dieci anni di applicazione delle leggi, ogni anno «l’incidenza delle morti assistite sul totale, rispetto all’anno precedente, è cresciuta dell’8,4% in Olanda, del 9,6% in Oregon, del 10,7% in Belgio. Da questo tasso di crescita si è però notevolmente allontanata la Svizzera», con una crescita media annua più elevata, del 15,5%. È un salire continuo, senza interruzioni, anche nei Paesi dove la morte assistita è accessibile da trent’anni.
Escludendo il Belgio, l’aumento non sembra lineare ma segue un tasso crescente nel tempo. In altre parole, nell’elaborazione del Cattaneo, l’incidenza delle morti assistite sembra aumentare con velocità sempre maggiore una volta che la legge è entrata pienamente in vigore. Nello studio si propongono alcune possibili ipotesi per spiegare questo andamento ma senza aderire ad alcuna, viste le criticità dei dati e la scarsità di analisi approfondite: gli autori sottolineano la necessità di studi più accurati e sistematici, auspicando però che nel dibattito italiano si tenga sempre conto dei fatti.


Comunque se ne interpretino i diversi aspetti e le differenti cause, è la prima misurazione indipendente della slippery slope prodotta dalle leggi sull’eutanasia. L’analisi condotta con rigore metodologico conferma che, una volta aperta la possibilità, sempre più persone chiedono di abbreviare la propria vita facendosi uccidere (la differenza fra suicidio ed eutanasia è solo procedurale) da medici autorizzati per legge a farlo. Il fenomeno nel tempo cresce, anche in velocità: un pendìo scivoloso, appunto. E allora, una domanda: è un risultato di cui essere soddisfatti? Possiamo dire che se aumenta nel tempo, e sempre più velocemente, il numero di persone che chiedono di essere uccise avremo una società con più diritti e più benessere? Una società più inclusiva, con meno diseguaglianze? Avremo veramente contribuito a diminuire dolore e sofferenza? Sono domande doverose a cui non è possibile sottrarsi: il quadro delineato dall’Istituto Cattaneo descrive quel che accadrà anche in Italia nei prossimi anni se si sfreneranno le regole sulla morte medicalmente assistita.

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