«Cure palliative, Servizio sanitario: cosa dirà la legge sul suicidio assistito»
Nel confronto di Avvenire sulla vita umana tra diritto di cura e libertà di scelta interviene Pierantonio Zanettin, senatore di Forza Italia, relatore del disegno di legge per la depenalizzazione in alcuni casi dell’aiuto alla morte volontaria medicalmente assistita

Avvenire ha aperto un confronto sulle ragioni della vita umana - etiche, giuridiche, mediche, antropologiche, dottrinali - di fronte alla grande questione del fine vita e di una possibile legge sul suicidio assistito, ospitando firme illustri del diritto, della medicina, della teologia, della bioetica (tutti gli interventi reperibili cercando "Scegliere sulla vita"). Ecco la riflessione del senatore Pierantonio Zanettin, relatore del disegno di legge.
Ho chiesto ospitalità ad Avvenire, sulle cui pagine si è aperto un interessante confronto sul tema del “fine vita”, per fornire qualche chiarimento sui contenuti del disegno di legge di cui sono relatore al Senato.
È dal 2019, anno in cui è stata pubblicata la sentenza 242 della Corte costituzionale che ha dichiarato parzialmente illegittimo l’articolo 480 del Codice penale (aiuto al suicidio), che il Parlamento sta cercando di varare una legge in materia. In questi sei anni i tentativi, portati avanti dalle diverse maggioranze politiche, sono tutti falliti.
Nel frattempo la Consulta è intervenuta più volte, l’ultima nel maggio scorso, invitando il legislatore a colmare i vuoti normativi rimasti. L’ulteriore inerzia del Parlamento rischia di determinare il via libera a differenti normative regionali, con disparità di trattamento, legislazioni-arlecchino lungo la penisola e l’inevitabile “turismo della morte”. In questa legislatura stiamo, seppur faticosamente, tentando di colmare la lacuna legislativa.

Va chiarito preliminarmente che l’aiuto al suicidio non viene assolutamente depenalizzato. Rimane un reato punito dal Codice penale, seppur scriminato a certe condizioni.
Occorre inoltre ricordare che finora, a partire dal 2019, in Italia già 15 persone hanno ottenuto l’autorizzazione a morire col suicidio assistito, in quanto la sentenza della Consulta è autoapplicativa, in presenza di quattro requisiti (piena capacità di intendere e volere dell’aspirante, dolori insopportabili, malattia incurabile con prognosi infausta, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale).
Come legislatori dobbiamo quindi muoverci nell’ambito degli spazi delineati dalle sentenze della Corte costituzionale, ma anche evitare la “cultura dell’abbandono e dello scarto”, che permea certe legislazioni dell’Europa del Nord, e un pericoloso piano inclinato verso l’eutanasia e l’eugenetica.
Tra i requisiti per accedere al suicidio assistito è prevista innanzitutto la piena capacità di intendere e volere dell’aspirante. Ma può essere considerato del tutto libero nella sua autodeterminazione chi soffre pene insopportabili? A me pare questa una autentica contraddizione in termini.
Per questo nel nostro disegno di legge si torna a insistere sulle cure palliative. L’Italia, con la legge 38 del 2010, ha già varato una prima importante legge sulle cure palliative. Ma sappiamo bene che tali cure non sono ancora sufficientemente sviluppate sul territorio nazionale e che molte Regioni hanno dirottato ad altri fini gli stanziamenti messi a disposizione dallo Stato.
Per questo nel testo da noi proposto si prevedono nuove risorse finanziarie alle Regioni, ma con un vincolo di destinazione assai più stringente di quanto è stato in passato. È inoltre previsto che le cure palliative siano non solo prospettate all’aspirante suicida ma messe effettivamente a sua disposizione.
Il punto forse più complicato da dirimere resta il ruolo del Servizio sanitario nazionale. Non è però vero che nel nostro disegno di legge il Ssn è stato del tutto escluso dal percorso di “fine vita”. Lo è certamente per quanto riguarda l’esecuzione della prestazione. Personale, farmaci e strumenti del Ssn non vengono messi a disposizione dell’aspirante suicida. Del resto la somministrazione della morte non può essere inserita nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) del Servizio sanitario, che rimane invece finalizzato a dare vita e salute ai cittadini.
Ciò precisato, il Servizio sanitario nazionale, nel percorso di fine vita, resta inevitabilmente coinvolto nella fase dell’istruttoria dell’accertamento dei quattro requisiti previsti dalla Consulta (che viene affidata ai Comitati etici territoriale e al loro Centro nazionale di coordinamento).
Abbiamo inoltre chiarito che il personale del Ssn può collaborare a una morte medicalmente assistita, ma solo a titolo meramente volontario e fuori dall’orario di lavoro.
Abbiamo precisato infine che se chi chiede il suicidio assistito si trova già in carico del Ssn può eseguirlo anche all’interno di ospedali o Rsa.
La nostra riflessione prosegue su tanti altri aspetti assai delicati, ma con la certezza che qualsiasi legge sarà varata dal Parlamento sarà comunque frutto di un compromesso e sicuramente imperfetta. Tuttavia credo che sia meglio una legge imperfetta che nessuna legge e il caos determinato da tante differenti legislazioni regionali.
Pierantonio Zanettin è senatore di Forza Italia e relatore del disegno di legge in Commissione Giustizia
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