Aborto, i vescovi Ue: in Europa è in corso una deriva ideologica
Il presidente della Commissione che rappresenta gli episcopati cattolici dei 27 Paesi Ue, l’italiano monsignor Mariano Crociata, denuncia i rischi della decisione del Parlamento europeo di sostenere la proposta di estensione degli aborti sino a definirli come “diritto”

Sul dibattito e il voto di mercoledì 17 dicembre al Parlamento Europeo con il quale è stata deciso a larga maggioranza il sostegno dell'organismo elettivo dell'Unione alla petizione per l'aborto "libero e sicuro" My voice my choice, c’è stata grande attenzione della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (Comece), l’organismo con cui la Chiesa cattolica mantiene il dialogo con le istituzioni europee sulle materie di comune interesse, come la vita. Dopo la nota alla vigilia del voto in aula, densa di contenuti e di giudizi etici e magisteriali, un primo commento al voto favorevole alla risoluzione sull’aborto lo esprime il presidente della Comece, monsignor Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno. «Il voto del Parlamento Europeo che ha approvato l’Iniziativa di cittadini europei a favore di un aborto sicuro e accessibile – riflette il vescovo –, con la precisa proposta di un meccanismo economico a sostegno dei servizi per l’aborto e senza tenere in considerazione i contesti legislativi nazionali, fotografa perfettamente la deriva ideologica delle istituzioni europee sulle questioni dell’etica della persona e della vita. La difesa unilaterale dei diritti individuali finisce con il ritorcersi contro la persona, non più rispettata nella sua integrità e nella sua costitutiva dimensione relazionale e sociale. Non sembra questo il modo di aiutare le donne a essere libere e protagoniste della loro vita. Nel rispetto sempre dovuto a tutti, non possiamo stancarci di dichiarare il valore intangibile e la dignità di ogni essere umano fin dal suo concepimento nel seno materno, oltre che in tutte le situazioni sociali e condizioni di vita fino al termine naturale dell’esistenza. Abbiamo fiducia che la riflessione e il dialogo possano far crescere il comune riconoscimento dell’essere umano nella sua integrità dall’inizio alla fine dell’esistenza».

La Chiesa come può far comprendere il limite delle libertà individuali davanti alla persona che è tale sin dal concepimento?
Suscita una profonda impressione vedere con quanta determinazione si cerca di far diventare l’aborto un diritto, quasi fosse una conquista di civiltà. Quando si entra nel circolo vizioso dell’ideologia sembrano non esserci argomenti adeguati a ragionare e a far ragionare. Ciò che la Chiesa può fare, oltre che ribadire la sua visione della persona umana, è mostrare il significato e la bellezza di ogni vita umana quando è accolta e coltivata all’interno di relazioni significative. Non dimentichiamo il grande lavoro educativo e culturale che la Chiesa svolge in ogni ambito di vita e in ogni condizione umana e sociale.
La Comece ha mosso un forte richiamo al rispetto delle norme del Trattato Ue circa la non ingerenza nei sistemi sanitari degli Stati membri. Può spiegarla?
La tendenza della legislazione europea a espandersi oltremisura è notoria. Qualcuno parla infatti dell’Unione Europea come di una potenza normativa, che si allarga con i suoi interventi legislativi fino ad aggirare le competenze nazionali. Intervenendo l’Ue sulle materie più diverse, sia pure di competenza comunitaria, si presentano situazioni nelle quali il legiferare porta a sconfinare in ambiti che di per sé sono di competenza nazionale. In tal modo però gli ambiti propri delle legislazioni nazionali risultano condizionati da interventi che limitano e mortificano l’autonomia, e con essa la tradizione e la cultura proprie di ciascun Paese. E questo non avviene solo in ambito sanitario. Ne segue l’acuirsi delle tensioni e dei contrasti interni all’Ue e la percezione di vari Paesi di subire una prevaricazione. La Comece è impegnata in un dialogo che cerca di proteggere e promuovere il bene dell’Unione e dei suoi popoli nel giusto equilibrio che salvaguardi l’una e gli altri.
State lanciando un allarme sulle decisioni riguardanti materie riservate agli Stati membri. Perché pensate siano negative per il legame tra il cittadino e l’Europa istituzionale?
Le nostre riserve hanno riguardato un caso specifico, e cioè l’obbligo di trascrizione del matrimonio tra persone dello stesso sesso in Paesi nei quali tale istituto giuridico non è previsto. In questa maniera, infatti, viene alimentata l’insofferenza verso l’Ue di molti cittadini che si vedono costretti a subire imposizioni in ambiti per i quali non c’è nessun accordo di sovranità condivisa. Le espressioni, anche politiche, del malessere di tanti per tale senso di distanza e di incomprensione sono sotto gli occhi di tutti. In un momento come l’attuale alimentare una simile contrapposizione non è certo indizio di adeguata valutazione dei rischi di ulteriore frammentazione a cui si espone l’Unione.
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