Su Google si cerca la preghiera: uno studio e le domande da farsi
La notizia è uscita su diverse fonti tra cui il "Catholic News Service" ( bit.ly/2UJNjgy ), ovvero l'agenzia di comunicazione dei vescovi statunitensi. È in corso da parte di una studiosa dei fenomeni religiosi di Copenaghen, Janet Sinding Bentzen, una ricerca intitolata: «Nella crisi, preghiamo. La religiosità e la pandemia da coronavirus». Dice tutto l'abstract della versione preliminare del rapporto, datata 30 marzo: «Nei periodi di crisi, gli uomini tendono a rivolgersi alla religione per alleviare la tensione e trovare delle spiegazioni. La pandemia da coronavirus del 2020 non fa eccezione: la domanda religiosa è straordinariamente cresciuta dall'insorgenza della pandemia, mentre i leader politici e i gruppi della società civile esortano i cittadini a pregare».
Bentzen si basa su un'analisi di Google Trends, dove «le ricerche relative alla preghiera sono aumentate vertiginosamente allorché il coronavirus è divenuto globale». Basandosi «sui dati quotidiani delle interrogazioni su internet relative alla preghiera in 75 Paesi», compresi quelli a maggioranza musulmana, ha calcolato che «l'intensità di ricerca sulla preghiera raddoppia ogni 80mila nuovi casi accertati di Coronavirus»: un dato incomparabilmente maggiore di quelli rilevati in anni recenti durante altre gravi crisi globali o regionali. Bentzen la chiama «reazione religiosa: quando c'è da far fronte a un'avversità, preghiamo». Se la cosa non fosse assai seria, si potrebbe ironizzare sul fatto che serva una ricerca per provare un fenomeno che appartiene all'esperienza, sia personale, sia sociale, di tanti, e come tale continuamente sviscerato dalle scienze umane. Ma quel che qui mi interessa mettere in luce è il ruolo che assume la Rete come canale dell'accresciuta domanda religiosa. La quantità delle ricerche lascia supporre che non si tratti solo dei praticanti abituali, impediti di frequentare i luoghi di culto. E allora: gli utenti avranno trovato quel che cercavano? E a chi si sarebbero rivolti trent'anni fa, quando internet era ancora un'ipotesi?
Bentzen si basa su un'analisi di Google Trends, dove «le ricerche relative alla preghiera sono aumentate vertiginosamente allorché il coronavirus è divenuto globale». Basandosi «sui dati quotidiani delle interrogazioni su internet relative alla preghiera in 75 Paesi», compresi quelli a maggioranza musulmana, ha calcolato che «l'intensità di ricerca sulla preghiera raddoppia ogni 80mila nuovi casi accertati di Coronavirus»: un dato incomparabilmente maggiore di quelli rilevati in anni recenti durante altre gravi crisi globali o regionali. Bentzen la chiama «reazione religiosa: quando c'è da far fronte a un'avversità, preghiamo». Se la cosa non fosse assai seria, si potrebbe ironizzare sul fatto che serva una ricerca per provare un fenomeno che appartiene all'esperienza, sia personale, sia sociale, di tanti, e come tale continuamente sviscerato dalle scienze umane. Ma quel che qui mi interessa mettere in luce è il ruolo che assume la Rete come canale dell'accresciuta domanda religiosa. La quantità delle ricerche lascia supporre che non si tratti solo dei praticanti abituali, impediti di frequentare i luoghi di culto. E allora: gli utenti avranno trovato quel che cercavano? E a chi si sarebbero rivolti trent'anni fa, quando internet era ancora un'ipotesi?
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