Cosa ci racconta il down di Cloudflare sul web di oggi

Assieme ad Amazon AWS, Azure e Google Cloud, Cloudflare fa parte di un ristretto oligopolio che regge le infrastrutture digitali globali. Come può l'Europa rendersi indipendente
November 28, 2025
Cosa ci racconta il down di Cloudflare sul web di oggi
CLOUDFLARE INTEROP TOKYO 2024
Per tre ore di fila siti popolari come ChatGPT di OpenAI e X, la piattaforma social di Elon Musk, non hanno funzionato, Youtube non caricava i video in tutto il mondo. È stato impossibile il 18 novembre utilizzare moltissimi servizi e App su cui tutti i giorni si studia, si lavora e ci si intrattiene a livello globale. Usando degli oggetti comuni per spiegare meglio cosa è accaduto alla società di clouding, Cloudflare, dieci giorni fa, se avessimo voluto comprare delle mele al mercato, non le avremmo trovate, perché non c’erano camion disponibili a trasportarle dalla fattoria al mercato.  
Le ipotesi di un attacco informatico sono state le prime a circolare e le prime a essere smentite. Cosa è successo esattamente? La responsabilità di quanto accaduto è stata riconosciuta dall’azienda americana, che in seguito, in maniera trasparente, ha spiegato che l’interruzione del servizio della sua infrastruttura - a cui si appoggiano il 20% dei siti in Rete - è stata dovuta non a un attacco informatico esterno, ma a un errore interno. Nello specifico, un  file di configurazione troppo grande ha superato la memoria preallocata sui server, mandando in crash migliaia di macchine. 
Al di là dei fatti e delle responsabilità, ha senso chiedersi cosa racconti il down di Cloudflare sul web di oggi. Parlare solo di un contrattempo tecnico è riduttivo secondo molti esperti di cybersecurity. A distanza di un mese dal caso Amazon Aws che aveva innescato un effetto domino planetario, è piuttosto evidente il rischio sistemico legato alla nostra dipendenza da un piccolo numero di grandi aziende tecnologiche che gestiscono un’infrastruttura critica. La comodità di avere tutto online ci ha reso, di fatto, dipendenti da architetture che sono invisibili e fragili: sul Financial Times si legge che, assieme ad Amazon AWS, Azure e Google Cloud, Cloudflare fa parte di un ristretto oligopolio che regge le infrastrutture digitali globali. 
Ma che fare se l’affidabilità dei servizi digitali dipende da un numero ristretto di grandi provider? Secondo il professor Matteo Flora, esperto di intelligenza artificiale, “gli enti regolatori non possono più considerare queste aziende come fornitori di software”, esse sono “infrastrutture critiche al pari delle reti elettriche o idriche”. 
Nei giorni scorsi, il cancelliere tedesco, Friedrich Merz ha riconosciuto che la Francia potrebbe aver avuto ragione nel suo impegno pluriennale per ridurre la dipendenza dalle aziende americane, dopo che il down di Cloudflare, ha fornito l’ennesimo tempestivo promemoria delle potenziali vulnerabilità. La promessa di procedere con l’assegnazione di soluzioni europee per contratti pubblici nel settore tecnologico, ma anche la protezione dei dati europei e il contrasto del predominio abusivo dei principali fornitori di servizi cloud statunitensi sono alcune delle proposte che Francia e Germania vorrebbero portare avanti per  definire il significato della sovranità digitale. Nel contempo la Commissione europea inizierà a elaborare un aggiornamento legislativo che potrebbe favorire un allontanamento dalla tecnologia di proprietà straniera. In conclusione, se si è disposti a lavorare per un modello di Internet più “distribuito e antifragile", secondo il professor Flora la strada da percorrere è quella della de-centralizzazione così da ricostruire un Internet che sia più indipendente. 

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