«Trump ora abbandona l’Africa» Un motivo in più per sostenerla
Caro Avvenire, trovo strano che nei commenti e analisi delle politiche messe in atto dal presidente Trump non si faccia mai riferimento alle conseguenze politiche e commerciali che investiranno anche l’Africa. La scelta americana di concentrare verso il “Pacifico” le proprie attenzioni comporterà non solo la marginalizzazione dell’Europa, ma anche dell’Africa che per entità di popolazione – e, quindi, di mercato – e per le sue immense ricchezze è destinato a diventare a breve il continente più importante del mondo. Mario Panunzi Avezzano (Aq) Caro Panunzi, eravamo stati facili profeti nell’affermare, noi di Avvenire come altri, che la presidenza Trump sarebbe stata “disruptive”, cioè dirompente in tutti i sensi. L’onda dei suoi primi 50 giorni alla Casa Bianca sta monopolizzando l’attenzione mondiale, perché produce effetti su tutte le principali crisi internazionali, sull’economia e perfino su ciò verso cui non si rivolge esplicitamente. È il caso dell’Africa, come lei sottolinea. In realtà, la nuova amministrazione ha preso una decisione che sta avendo un forte impatto anche lì. La sospensione per 90 giorni dei finanziamenti destinati ai programmi di aiuto internazionale infligge infatti un duro colpo alle iniziative sanitarie e umanitarie, tra cui la distribuzione di farmaci antiretrovirali per milioni di persone affette da Hiv/Aids, il sostegno alimentare tramite agenzie dell’Onu a popolazioni colpite da carestie e i programmi di vaccinazione e lotta alla malaria, con riverberi sulla salute pubblica in nazioni quali Nigeria, Repubblica Democratica del Congo e Kenya. I tagli sono stati giustificati con la necessità di ridurre la spesa pubblica e riorientare le risorse verso le priorità interne degli Stati Uniti. La Corte Suprema mercoledì ha riattivato una parte dei fondi già stanziati, ma sarà decisivo l’orientamento della Casa Bianca sul lungo periodo, visto che Usaid è stata smantellata come se lo stop alle attività di soccorso internazionale nella forma attuale fosse definitivo. Quello che emerge è che l’America è stata finora abbastanza generosa, almeno in confronto agli sforzi di altri Paesi donatori: si è guadagnata la riconoscenza di tante persone, come ha raccontato la deputata di origine somala Ilhan Omar, senza però ottenere quell’influenza strategica che Trump va cercando. E così si lasciano le potenzialità umane e le ricchezze di un intero continente agli appetiti di Cina, Russia, Paesi del Golfo e Turchia. Pertanto, al Piano Mattei italiano per l’Africa potrebbe aprirsi una buona opportunità per compensare i vuoti lasciati dagli Usa e provare a costruire – caro Panunzi, lo dice bene nella sua lettera – “cooperazione condivisa, partecipata, rispettosa, unitamente a un concreto programma volto all’abbattimento dei consistenti debiti di molti Stati (che ne bloccano lo sviluppo e determinano sudditanza politica), obiettivi sicuramente costosi e impegnativi, ma gli unici spendibili per recuperare credibilità, partnership economica, scientifica, commerciale, anche al fine di evitare tensioni e conflitti”. È curioso, infine, notare come Trump si sia concentrato su una questione specifica, probabilmente non tra le più rilevanti tra i problemi dell’Africa. Il leader repubblicano ha firmato un ordine esecutivo che sospende tutti gli aiuti al Sudafrica, citando violazioni dei diritti umani contro la minoranza bianca. Il provvedimento è stato motivato dalla recente approvazione da parte del presidente Cyril Ramaphosa di una legge che consente l’espropriazione di terreni senza compensazione, per correggere le storiche disuguaglianze nella distribuzione della terra, risalenti all’epoca dell’apartheid. Non si può escludere che questa normativa colpisca ingiustamente alcuni agricoltori bianchi. L’intervento americano, in ogni caso, sembra motivato soprattutto dalle preoccupazioni di Elon Musk, consigliere principe del tycoon e di origine sudafricana, che ha parlato di un “genocidio” in corso. © riproduzione riservata
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