Il dibattito pubblico ridotto a rissa. Evitiamo trappole. E propaganda
In un anno in Italia 61 episodi di attentati, minacce, vandalismi o atti intimidatori contro le forze politiche. Cerchiamo di rimettere il discorso pubblico nei giusti binari
Caro Avvenire,
il dossier diffuso da Fratelli d’Italia con l’elenco degli episodi di violenza e intolleranza subiti dal partito negli ultimi anni descrive un clima inquietante. Cresce l’aggressività del discorso pubblico, alimentata dai social, da certi media e da una conflittualità che si nutre d'ideologia più che di confronto. Il problema va oltre i singoli fatti. La radice è nel linguaggio della politica, che ha smarrito la distinzione tra funzione istituzionale e ruolo di parte. Un tempo chi governava pesava le parole, consapevole di rappresentare tutti i cittadini. Oggi il linguaggio del potere parla come i social: binario, divisivo, identitario. Non vuol affrontare la complessità, così la semplifica, la svuota, la banalizza. Il sospetto diventa argomento, il dissenso si trasforma in offesa e l’avversario politico scivola nella categoria del nemico. La radicalizzazione nasce da qui: dalla perdita della mediazione, che è il cuore stesso della democrazia rappresentativa. Quando chi governa parla da tifoso, l’autorità perde neutralità e la politica smarrisce la sua funzione unificante. La violenza non è più un’anomalia: diventa la conseguenza logica di un linguaggio che divide invece di mediare e ricomporre.
Enrico Fortunato Maranzana
il dossier diffuso da Fratelli d’Italia con l’elenco degli episodi di violenza e intolleranza subiti dal partito negli ultimi anni descrive un clima inquietante. Cresce l’aggressività del discorso pubblico, alimentata dai social, da certi media e da una conflittualità che si nutre d'ideologia più che di confronto. Il problema va oltre i singoli fatti. La radice è nel linguaggio della politica, che ha smarrito la distinzione tra funzione istituzionale e ruolo di parte. Un tempo chi governava pesava le parole, consapevole di rappresentare tutti i cittadini. Oggi il linguaggio del potere parla come i social: binario, divisivo, identitario. Non vuol affrontare la complessità, così la semplifica, la svuota, la banalizza. Il sospetto diventa argomento, il dissenso si trasforma in offesa e l’avversario politico scivola nella categoria del nemico. La radicalizzazione nasce da qui: dalla perdita della mediazione, che è il cuore stesso della democrazia rappresentativa. Quando chi governa parla da tifoso, l’autorità perde neutralità e la politica smarrisce la sua funzione unificante. La violenza non è più un’anomalia: diventa la conseguenza logica di un linguaggio che divide invece di mediare e ricomporre.
Enrico Fortunato Maranzana
Caro Maranzana,
sottoscrivo in pieno la sua analisi. In premessa, è bene tuttavia precisare che non solo Fratelli d’Italia è stato vittima di attacchi di vario tipo. Se intendo bene i dati cui lei si riferisce, tra il primo settembre 2024 e il primo settembre 2025, si sarebbero verificati in Italia 61 episodi di attentati, minacce, vandalismi o atti intimidatori contro le forze politiche, il 44% dei quali avrebbe riguardato il partito della premier e il 65% l’insieme delle forze di maggioranza, il 35% i gruppi di opposizione. Spesso, e per fortuna, si è trattato di danneggiamenti minori a sedi o di scritte ingiuriose o minatorie. Ciò non migliora comunque di molto il quadro negativo che lei, caro Maranzana, ben tratteggia. In questi giorni, vorrei però evidenziare un’altra dinamica (pur non nuova) che si va manifestando. Ovvero l’enfatizzazione strumentale di fatti che riguardano una minima parte di uno schieramento, o sono addirittura eventi isolati, e vengono trasformati in tendenze generali o dipinti come i principali aspetti di un gruppo o di una manifestazione al fine di screditare l’intero oggetto della discussione. Vale a destra come a sinistra. Qualche esternazione fascista di esponenti di Fratelli d’Italia a livello della base non trasforma il partito in una riserva di nostalgici del Duce. Qualche teppista nei cortei non può fare passare in secondo piano la rilevanza delle mobilitazioni pacifiche di massa pro-Palestina. Sono certo da condannare senza esitazione i messaggi che associavano Giorgia Meloni alla fine di Charlie Kirk, gli imbrattamenti della statua dedicata a san Giovanni Paolo II e l’accostamento alle Br dei parlamentari che hanno legittimamente criticato il governo. Tuttavia, dare ad alcuni estremisti di opposte fazioni grande visibilità per delegittimare l’avversario mette in moto un meccanismo che favorisce l’emulazione e l’ulteriore radicalizzazione del dibattito. Va da sé che i media, giornali compresi, hanno un ruolo importante. Vi sono i “tifosi” in campo per l’una o l’altra parte e vi sono coloro che provano a essere obiettivi e dare conto della totalità delle vicende che si svolgono, per offrire ai propri utenti tutte le informazioni utili. In questo, una selezione e una gerarchia risultano inevitabili – in realtà, costituiscono il valore aggiunto di una testata che voglia essere autorevole. Perciò ingigantire o ridimensionare un episodio rappresenta una scelta da compiere responsabilmente, consapevoli che in ogni caso qualche lettore o spettatore sarà scontento. Ciò rimanda anche alla sopravvalutazione di ogni aspetto che abbia una connotazione partitico-ideologica, sottovalutando quel fenomeno più inquietante e meno raccontato – non da “Avvenire” – riguardante la criminalità, organizzata o meno, come continua minaccia alle nostre istituzioni, soprattutto locali. L’associazione Avviso Pubblico, nel suo rapporto “Amministratori sotto tiro”, dal 2010 al 2024, ha censito oltre 5.700 atti intimidatori, minacce e violenze contro sindaci, consiglieri e dipendenti degli enti territoriali, nel 20% dei Comuni italiani. Nel 2024, sono stati 328, con un incremento annuale del 4%. Insomma, il quadro complessivo non è roseo, caro Maranzana. Eppure, basta guardare oltre le nostre frontiere per accorgersi che c’è chi sta molto peggio. Cerchiamo quindi di rimettere il discorso pubblico nei suoi giusti binari, evitando isterismi e pessimismi radicali, mai buoni consiglieri.
sottoscrivo in pieno la sua analisi. In premessa, è bene tuttavia precisare che non solo Fratelli d’Italia è stato vittima di attacchi di vario tipo. Se intendo bene i dati cui lei si riferisce, tra il primo settembre 2024 e il primo settembre 2025, si sarebbero verificati in Italia 61 episodi di attentati, minacce, vandalismi o atti intimidatori contro le forze politiche, il 44% dei quali avrebbe riguardato il partito della premier e il 65% l’insieme delle forze di maggioranza, il 35% i gruppi di opposizione. Spesso, e per fortuna, si è trattato di danneggiamenti minori a sedi o di scritte ingiuriose o minatorie. Ciò non migliora comunque di molto il quadro negativo che lei, caro Maranzana, ben tratteggia. In questi giorni, vorrei però evidenziare un’altra dinamica (pur non nuova) che si va manifestando. Ovvero l’enfatizzazione strumentale di fatti che riguardano una minima parte di uno schieramento, o sono addirittura eventi isolati, e vengono trasformati in tendenze generali o dipinti come i principali aspetti di un gruppo o di una manifestazione al fine di screditare l’intero oggetto della discussione. Vale a destra come a sinistra. Qualche esternazione fascista di esponenti di Fratelli d’Italia a livello della base non trasforma il partito in una riserva di nostalgici del Duce. Qualche teppista nei cortei non può fare passare in secondo piano la rilevanza delle mobilitazioni pacifiche di massa pro-Palestina. Sono certo da condannare senza esitazione i messaggi che associavano Giorgia Meloni alla fine di Charlie Kirk, gli imbrattamenti della statua dedicata a san Giovanni Paolo II e l’accostamento alle Br dei parlamentari che hanno legittimamente criticato il governo. Tuttavia, dare ad alcuni estremisti di opposte fazioni grande visibilità per delegittimare l’avversario mette in moto un meccanismo che favorisce l’emulazione e l’ulteriore radicalizzazione del dibattito. Va da sé che i media, giornali compresi, hanno un ruolo importante. Vi sono i “tifosi” in campo per l’una o l’altra parte e vi sono coloro che provano a essere obiettivi e dare conto della totalità delle vicende che si svolgono, per offrire ai propri utenti tutte le informazioni utili. In questo, una selezione e una gerarchia risultano inevitabili – in realtà, costituiscono il valore aggiunto di una testata che voglia essere autorevole. Perciò ingigantire o ridimensionare un episodio rappresenta una scelta da compiere responsabilmente, consapevoli che in ogni caso qualche lettore o spettatore sarà scontento. Ciò rimanda anche alla sopravvalutazione di ogni aspetto che abbia una connotazione partitico-ideologica, sottovalutando quel fenomeno più inquietante e meno raccontato – non da “Avvenire” – riguardante la criminalità, organizzata o meno, come continua minaccia alle nostre istituzioni, soprattutto locali. L’associazione Avviso Pubblico, nel suo rapporto “Amministratori sotto tiro”, dal 2010 al 2024, ha censito oltre 5.700 atti intimidatori, minacce e violenze contro sindaci, consiglieri e dipendenti degli enti territoriali, nel 20% dei Comuni italiani. Nel 2024, sono stati 328, con un incremento annuale del 4%. Insomma, il quadro complessivo non è roseo, caro Maranzana. Eppure, basta guardare oltre le nostre frontiere per accorgersi che c’è chi sta molto peggio. Cerchiamo quindi di rimettere il discorso pubblico nei suoi giusti binari, evitando isterismi e pessimismi radicali, mai buoni consiglieri.
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