«Basta polemiche, servono priorità» D’accordo. Ora facciamolo insieme

May 29, 2025
Caro Avvenire, una costante distorsione delle priorità affligge il nostro Paese. Troppo spesso ci si indigna per questioni di facciata e si ignorano problemi ben più gravi che minano la fiducia nelle nostre istituzioni. Mi riferisco, ad esempio, al caso della sindaca di Merano Katharina Zeller (e potrei citarne molti altri), la cui “gestione del Tricolore” ha scatenato un’ondata di polemiche e richieste di dimissioni. Non intendo sminuire il valore dei simboli nazionali, ma è lecito chiedersi: siamo davvero sicuri che questa sia la questione più urgente e meritevole della nostra indignazione collettiva? La mia perplessità cresce esponenzialmente quando osservo il silenzio assordante – o comunque una reazione decisamente più tiepida – di fronte a notizie di sindaci, presidenti di enti pubblici o rappresentanti di altre organizzazioni indagati per reati contro la pubblica amministrazione, cui nessuno sembra fare caso. Parliamo di accuse che toccano la legalità, la trasparenza, l’etica pubblica, questioni che dovrebbero essere al centro della nostra attenzione Come cristiani, siamo chiamati a un’etica della verità e della giustizia, a non distogliere lo sguardo dove la rettitudine è in pericolo. Nicola Fioretti Caro Fioretti, lei solleva un tema importante che vede coinvolta la responsabilità tanto dell’opinione pubblica quanto dei media. Vedo due livelli di spiegazione per il fenomeno ben descritto dalla sua lettera aperta (ancora più lunga e dettagliata di quanto possiamo pubblicare: impossibile ospitarla integralmente in questo spazio. Ne approfitto per invitare lettrici e lettori a essere più succinti nei loro testi allo scopo di favorire il dialogo nelle griglie rigide del giornale). Innanzi tutto, vi è il tipo di vicenda – il rifiuto in favore di telecamera della fascia tricolore da parte della neo-eletta sindaca di Merano – che stimola un dibattito social istantaneo diviso in partiti contrapposti, spesso sprovvisti di buoni argomenti, se non commenti banali o semplici invettive. Una circostanza più difficile a livello nazionale nel caso di complesse vicende giudiziarie che coinvolgono amministratori noti solo nelle loro zone. In secondo luogo, fatte salve la presunzione di innocenza e tutte le garanzie per gli indagati, le inchieste risultano spesso lunghe, intricate, dagli esiti contrastanti nei diversi gradi di giudizio, tanto da provocare una progressiva disattenzione sia sui mezzi di informazione sia nella gente. Detto ciò, non si può non concordare con lei, caro Fioretti, che, come cristiani attenti alla vita sociale e all’impegno politico, dovremmo essere maggiormente preoccupati per l’illegalità sistematica piuttosto che per qualche episodio mediaticamente intrigante. Serve un’agenda di priorità per il nostro dibattito pubblico e il sistema dell’informazione spesso non dà un contributo positivo in questa direzione. Lo fa per certo Avvenire, spesso solo nell’illuminare situazioni che toccano in profondità la vita dei cittadini e restano oscurate perché ritenute poco “glamour”, a partire dalla situazione nelle carceri, la Terra dei fuochi in Campania e la piaga dell’usura, solo per nominarne alcune. Ma, come a volte accade, la ricetta è semplice. Facciamoci sentire con i nostri comportamenti e le nostre scelte. Non partecipiamo alle polemiche sterili e di corto respiro. Rilanciamo i temi forti che meritano attenzione e interventi urgenti. Ricorriamo alle fonti di informazioni che si dimostrano sensibili a questi ultimi e non indulgono troppo nelle prime. Facciamo opera di promozione a favore di tali condotte. I cattolici, anche se non più maggioranza, possono restare sale della terra e lievito nella pasta. Proviamo insieme, caro Fioretti, a mantenere la consapevolezza del nostro ruolo e non cedere alla rassegnazione. © riproduzione riservata

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