Lo spreco che spaventa
Tiziana non riusciva a capire perché il piccolo Dawit fosse così allarmato. Era arrivato da pochi giorni nella casa di Pescara, divenuta la sua nuova dimora dopo che le pratiche per l’adozione internazionale erano andate a buon fine e aveva potuto lasciare l’Etiopia e raggiungere l’Italia insieme ai suoi nuovi genitori. Quel giorno la neo-mamma aveva distrattamente lasciato aperto il rubinetto dell’acqua in cucina, e Dawit aveva subito attirato l’attenzione della donna manifestando la sua preoccupazione nell’italiano molto basico che aveva imparato. Poi, ascoltando le spiegazioni del bimbo, mamma Tiziana aveva capito quella reazione: nel villaggio dell’Etiopia da cui proveniva, come in molti altri di quel Paese, l’acqua è un bene scarso, molto scarso, a volte persino introvabile, e sprecarla viene considerato qualcosa di mostruoso. In certi casi nelle città i bambini arrivano a bere l’acqua dagli ugelli dei tergicristalli delle auto. Ora che la sua vita era “ripartita” in Italia, in mezzo a una normalità a cui non si era ancora abituato, Dawit non poteva dimenticare il suo passato, il suo villaggio, la mancanza d’acqua con cui tante volte aveva dovuto fare i conti, e vedere il rubinetto da cui continuava a fuoriuscire quel bene così prezioso lo aveva mandato fuori di testa. © riproduzione riservata
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