Le scuole di Manina per i bambini di Nosy Be

June 18, 2025
Il significato autentico del suo nome l’ha scoperto nel Natale del 1997, poco dopo essere arrivata a Nosy Be. Sapeva che era un nome di famiglia, ereditato da una bisnonna, ma non immaginava che in quella che di lì a breve sarebbe diventata la patria del cuore, Manina vuol dire “nostalgia di una persona lontana”. Insomma tutto torna, nella vita di questa professoressa di filosofia napoletana “inciampata” in un’isoletta al largo del Madagascar in una vacanza invernale organizzata un po’ per sfuggire ai riti stancanti delle feste natalizie, e conquistata dalla sua sconvolgente bellezza ma anche dagli enormi bisogni della sua popolazione. Un paradiso di mare cristallino, afflitto però dalla miseria più nera, dall’ignoranza e dalla mancanza di strutture sanitarie e scolastiche.
Manina Consiglio - .
Manina Consiglio - .
Manina Consiglio dal 1997 ad oggi ha costruito a Nosy Be centinaia di scuole comunitarie, ambulatori medici e cooperative professionali, tanto che senza un’ombra di vanità oggi dice che con il suo duro e appassionato impegno ha conquistato per gli 80mila abitanti dell’isola il diritto alla vita, alle cure e al sostentamento alimentare. La storia inizia da un viaggio solitario, organizzato «per pensare, scrivere e pescare». «Nosy Be era come l’avevo immaginato sfogliando i cataloghi delle agenzie turistiche: un paradiso. Ma quello che non mi aspettavo era incontrare tanta miseria, e fame, e malattie curabili altrove ma non lì. Un giorno ho visto un gruppo di bambini vestiti con la divisa, e altri che li guardavano incamminarsi verso la scuola. Perché voi non andate? ho chiesto a uno di loro. Perché non ho i soldi, ha risposto. Glieli ho dati io. Erano pochi spiccioli. Poi sono arrivati altri bambini, con la mano tesa, e dopo pochi mesi sostenevo la retta per 600 bambini, grazie al supporto di un gruppo di amici italiani», racconta Manina, raggiunta nell’isola su Whatsapp.
Ma così non poteva funzionare a lungo e la professoressa, ora in pensione, ha cambiato strategia: anziché pagare la retta per gli alunni, ha pensato di costruire direttamente le scuole su terreni assegnati gratuitamente dal governo malgascio, finanziando gli stipendi degli insegnanti in modo da garantire a qualunque bambino di frequentare, senza sottostare ai rigidi limiti numerici ed economici imposti dallo Stato. La prima scuola comunitaria, cioè appartenente al villaggio, è sorta nel 2001, proprio davanti alla casa di Manina; oggi le scuole sono 313, una in ogni villaggio di Nosy Be, frequentate gratuitamente da quasi 20mila alunni, dalle elementari alle superiori. Di queste, 57 sono state costruite non nell’arcipelago di Nosy Be, ma nella “Grande Terra”, cioè l’isola di Madagascar.
Nel 2004 è nata la onlus “I bambini di Manina del Madagascar” ed è via via aumentata la collaborazione con le autorità locali, che hanno riconosciuto l’impegno della professoressa italiana assumendo progressivamente 400 dei “suoi” docenti come funzionari pubblici. Ma Manina non si è fermata alla scuola: ha creato ambulatori medici in cui si cura la malaria, riconosciuti come dispensari statali con medici e infermieri pagati dal governo («Oggi nessuno muore più di febbre», dice), ha costruito un villaggio di bungalow per il turismo solidale e sostenibile che riceve centinaia di viaggiatori l’anno e offre reddito a diverse famiglie del posto, ogni 10 del mese distribuisce 10 kg di riso a 300 famiglie, in ricordo del giorno del 2004 in cui ha visto una persona morire di fame.
A un’età in cui molti si godono la pensione e i nipoti, Manina non si ferma. Ama andare a pescare in piroga, al mattino presto, e questa passione ha trovato un terreno fertile tra gli abitanti, tanto che da essa è nata una cooperativa di pescatori che dà lavoro e sostentamento a decine di famiglie. Manina torna periodicamente in Italia, per stare con i suoi due figli e per partecipare a eventi di raccolta fondi. «Sento che la mia vita qui ha un senso. Da 27 anni vivo solo per questo popolo. E loro ricambiano il mio amore», dice.

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