Okaka e Cucinelli, uniti dalla passione per il loro calcio libero

Due fenomeni dell'Umbria felix, così vicini e neppure tanto lontani, il bomber del Trasimeno e il Signore di Solomeo
December 14, 2025
Okaka e Cucinelli, uniti dalla passione per il loro calcio libero
Stefano Ogbonna (il primo da destra) con Mario Balotelli e Angelo Ogbonna, nel 2010, ai tempi in cui erano il trio "colored" dell'Under 21
Il battello della nostalgia mi riporta verso le sponde di casa, quelle del Lago di Trasimeno, per parlare di due figure così vicine e neppure così lontane, come il bomber per tutte le stagioni Stefano Okaka e il re del cachemire Brunello Cucinelli. Stefano, classe 1989, è nato a Castiglione del Lago da genitori nigeriani. Un predestinato del football, dall’alto dei suoi 186 centimetri su fisico da colored da Nba (anche se per noi è e rimarrà sempre “il Soldato dell’Umbria”) ha debuttato in Serie A con la Roma a 16 anni e 4 mesi. Nello stesso periodo segnò il suo primo gol in Coppa Italia, al Napoli, e una rete in Coppa Uefa. Gli Okaka sono atleti nati, sua sorella Stefania è stata una pallavolista. Stefano a 36 anni, dopo aver girato mezza Italia, giocato in Premier e in Turchia, conserva ancora quella corsa da gazzella, muscoli di ghisa, anima e cuore d'oro. Un cuore eternamente giallorosso: ieri romanista, ora ravennate. Sì, perché non è stanco di giocare e nelle 10 gare disputate con la formazione romagnola, in piena corsa per la promozione in B, ha realizzato 3 gol. L’ultimo, di tacco, è stata una perla da fuori categoria che dopo 103 minuti di battaglia ha regalato la vittoria al Ravenna contro il Pontedera. La storia si ripete, nel gennaio del 2010 Okaka, allora entrato nel giro della Nazionale Under 21, con la maglia della Roma, sempre di tacco, segnò il gol del 2-1 nel match all’Olimpico con il Siena. Ma il giorno dopo non era il nuovo re di Roma, ma un giovane attaccante spedito a farsi le ossa: in prestito al Fulham. Quel giorno del suo momentaneo addio a Trigoria (poi sarebbe tornato alla base romanista più volte) commentammo la notizia del trasferimento di Okaka con Mauro Valeri, straordinario sociologo prestato al calcio e grande amico che ha lasciato un grande vuoto. Valeri, fondatore dell’Osservatorio sul razzismo negli stadi calcio (che fine ha fatto quell’Osservatorio?) tra i tanti libri ha scritto un saggio “La razza in campo. Per una storia della rivoluzione nera nel calcio” (Edup), che in tempi meno sospetti di quelli odierni tracciava il profilo dei talenti nostrani figli di stranieri africani, tra cui spiccavano Angelo Ogbonna, Stefano Okaka e Mario Balotelli. Tutti azzurri che hanno avuto alterne fortune in carriera, ma che continuano a far parlare, Ogbonna, 37 anni, gioca nel Watford e nel frattempo si è laureato in Giurisprudenza all’Università di Torino, Super Mario, 35 anni, si allena da solo a Brescia in attesa di un’ultima chiamata prima di appendere gli scarpini al chiodo e infine Stefano, che, giunto forse al capolinea del professionismo, è comunque riuscito a stregare ancora i tifosi del Ravenna. Un gran colpo di tacco con la complicità del regista premio Oscar Peppuccio Tornatore lo ha messo a segno anche Brunello Cucinelli. Il 72enne, Signore di Solomeo, è nelle sale con il biopic “Brunello il visionario garbato” in cui racconta la sua scalata nel mondo della moda cominciata da figlio della classe operaia nato nel borgo di Castel Rigone. Il suo paese natale, dirimpettaio del feudo di Solomeo, che guarda giù verso lo specchio del Trasimeno. Il paese in cui la sua università è stato il bar e la laurea quella «in tresette e scala 40», come ricorda su “Il Foglio Sportivo” Luca Cardinalini. Umbro anche lui, il giornalista Rai stila un ritratto che facemmo a suo tempo su “Avvenire” quando Brunello decise di trasformare la ex favola del Castel Rigone, club dove aveva cominciato a giocare da ragazzino (stopper, con trascorsi massimi in Seconda categoria) e di cui è il patron, in una società di stampo meramente oratoriale. Castel Rigone, frazione del comune di Passignano sul Trasimeno, con i suoi 406 abitanti conserva ancora il record di centro più piccolo arrivato al professionismo. Partendo dalla Terza categoria con Cucinelli è salito fino alla C2 , nel 2013. Poi dopo il ritorno in D, il sospetto che il calcio che conta non poteva sposare l’idea di pulizia, etica e sportiva, di una società in cui i calciatori del Castel Rigone, in casa come in trasferta dovevano lasciare lo spogliatoio lindo come lo avevano trovato. «Quella della pulizia è una piccola regola che è meglio trasmettere sin da piccoli, perché non può che aiutare i giovani nella loro crescita». Con questo spirito è nato l’Oratorio laico del Castel Rigone che si allena e gioca allo stadio San Bartolomeo. Stadio da 800 posti e tribune in legno, stile Fulham, dove ora si disputano solo tornei giovanili. E lo stesso accade poco più in là nel centro sportivo che il garbato Brunello ha intitolato a don Alberto Seri «che fu un discepolo degnissimo di don Bosco e grande tifoso della “Provvidenza”, una guida che ha dato tanto a me e ai miei compagni di gioventù». Un calcio come espressione di fraternità, di ispirazione francescana. «Il mio amico padre Ibrahim Faltas (francescano nato in Egitto, Direttore delle diciotto Scuole della Custodia di Terra Santa) una volta mi ha detto: “Brunello, se tu prendi un bambino palestinese e uno israeliano e gli metti davanti una pistola e un pallone da calcio, puoi stare certo che tutti e due andranno incontro al pallone. E poi giocheranno insieme». A Castel Rigone Brunello oltre al pensiero di Marco Aurelio e di Boezio, predica il suo calcio libero, in cui il rispetto e l’educazione sono le regole fondanti: «Infatti solo per motivi disciplinari ho esonerato più allenatori che manager della mia azienda» . Il calcio è passione e condivisione, tant’è che fino a poco tempo fa l’eterna brigata degli amici di Brunello, quelli della "Bottega del pane e del vino" si ritrovava puntualmente per le sfide settimanali. Partite monicelliane, distanti anni luce dai rumori di fondo anche del vicino stadio Renato Curi. La ex tana inespugnabile del Perugia, dove da sempre parecchi tifosi del Grifo si augurano che prima o poi Brunello, con un atto di grande generosità del suo opulento casato rilevi per rianimare le sorti di una società che, dopo aver conosciuto i fasti della Serie A (con Franco D’Attoma negli anni ’70 e Luciano Gaucci negli anni ’90) ora annaspa nei bassifondi della C, nello stesso girone del Ravenna di Okaka. Ma sul punto, la coerenza del ricco Signore di Solomeo, è irremovibile: «E’ più facile che mi eleggano papa piuttosto che prenda in mano una società di calcio».

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