Vicende e domande dei piccoli nell'informazione ecclesiale online
mercoledì 25 aprile 2018
È con molto pudore che mi dispongo a setacciare dalla vicenda pubblica di cui sono protagonisti Alfie Evans e i suoi genitori - il padre Thomas soprattutto, che è quello dei due che più si è esposto - gli aspetti in cui è implicata la comunicazione digitale. Provo pudore perché, rispetto al tragico che tale vicenda contiene, tutto il resto mi pare davvero «futile», compreso il pur rilevante ruolo in essa giocato dai siti e blog italiani di informazione religiosa. E tuttavia è vero che la mobilitazione di cui l'opinione pubblica ecclesiale è stata protagonista in questi giorni e in queste ore ha trovato in tali fonti un ancoraggio costante e affidabile. La percentuale media di post quotidiani relativi al piccolo malato che ho rilevato, negli ultimi sei giorni, oltre il 15%: una misura significativa, stante la frammentazione abituale. Proporzionatamente alte sono state le "reazioni" sulle pagine dei rispettivi social network. Non posso contare le immagini di lui e gli appelli a fare il possibile - compreso, naturalmente, il pregare - scambiati attraverso gli smartphone, ma ho la fondata sensazione che siano state anch'esse tante. Raramente, in questo fiume di parole, ho riconosciuto qualche rivolo di pregiudizio.
L'altro bambino che, immediatamente prima di Alfie Evans, è divenuto popolare negli stessi circuiti ecclesiali-digitali è stato Emanuele, quello che due domeniche fa aveva interrogato papa Francesco durante la visita alla parrocchia romana di San Paolo della Croce, a Corviale. Anche là un figlio e un padre, sia pure a ruoli in un certo senso invertiti rispetto a Liverpool, davano luogo a una domanda tragica sulla vita e la morte, e anche là la comunità di fede, in comunione con il Papa, rispondeva con il conforto di un abbraccio e con il sostegno di una speranza.
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