Suor Valentina fa nascere la pace a Gerusalemme est
giovedì 17 febbraio 2022

Non c'è fotografia in cui suor Valentina Sala non sorrida. E l'espressione è beata quando ha tra le braccia un neonato. Perché per lei aiutare le madri a mettere al mondo i propri figli non è solo una professione, ma anche una missione. Suor Valentina ha 45 anni, lo sguardo chiaro e limpido, il volto affilato e la concretezza di una brianzola doc (è nata ad Arcore). Ha deciso che l'ostetricia sarebbe stato il suo lavoro quando a 16 anni tenne tra le braccia la sorellina appena nata.

Una immagine di suor Valentina Sala al reparto maternità dell'ospedale Saint Joseph di Gerusalemme Est

Una immagine di suor Valentina Sala al reparto maternità dell'ospedale Saint Joseph di Gerusalemme Est - V.S.

La vocazione arrivò più tardi, ma allora non avrebbe nemmeno immaginato dove l'avrebbe portata la vita e la congregazione di San Giuseppe dell'Apparizione, presente in Terra Santa dal 1848. In collegamento su Skype, suor Valentina parla con Avvenire dal Saint Joseph, l'unico ospedale cattolico di Gerusalemme est, frequentato soprattutto da arabi palestinesi della città e dei dintorni, oltre a pazienti che vengono dalla West Bank e da Gaza con permessi speciali. Il Saint Joseph sorge a Sheik Jarrah, il quartiere arabo al centro dell'annosa questione degli sfratti.

Suor Valentina racconta di quello straordinario seme di pace che un reparto di maternità sta piantando nel cuore di un territorio straziato da troppi odi. Lei è la responsabile di una 30ina di ostetriche e infermiere, al 60 per cento musulmane e al 40 per cento cristiane, che con una 20ina di medici neonatologi e ginecologi costituiscono il reparto maternità, aperto nel 2015 all'interno di un ospedale generale che conta 300 dipendenti.

Una immagine di suor Valentina Sala al reparto maternità dell'ospedale Saint Joseph di Gerusalemme Est

Una immagine di suor Valentina Sala al reparto maternità dell'ospedale Saint Joseph di Gerusalemme Est - V.S.

Ed ecco lo straordinario: dei 240 bambini che nascono qui ogni mese, 40 sono ebrei. Suor Valentina non nasconde le perplessità iniziali, se non addirittura le ostilità, di alcune ostetriche palestinesi. Questo per loro è “territorio occupato”. «Ricordo la prima coppia ebrea, era venuta da noi perché non aveva l'assicurazione e non poteva permettersi un ospedale israeliano. Proposi a due ostetriche, una cristiana e l'altra musulmana, di seguire il parto. La prima mi disse: sono i nostri nemici, dobbiamo davvero occuparci dei loro bambini, che magari da grandi spareranno ai nostri figli? La seconda aggiunse: questo non è la loro terra, non dovrebbero nemmeno essere qui. Allora ho detto che il Saint Joseph non chiude le porte a nessuno, e che se loro non se la sentivano le avrei sostituite». Ma non c'è stato bisogno.

Una immagine di suor Valentina Sala al reparto maternità dell'ospedale Saint Joseph di Gerusalemme Est

Una immagine di suor Valentina Sala al reparto maternità dell'ospedale Saint Joseph di Gerusalemme Est - V.S.

Assistere le puerpere nel travaglio e nel parto cambia lo sguardo delle ostetriche sull'eterno nemico. Una di loro ha detto: «Ogni volto che lavoro cerco di dare il meglio di me, in modo che possano insegnare ai loro figli ad amarci». E accade anche il contrario. «Un giorno è arrivata una colona di Hebron. Il medico che la assisteva, un palestinese, era egli stesso di Hebron. Due esperienze agli antipodi». Quando è stata dimessa, la puerpera ha raccontato che era arrivata dall'America come sionista, ma che l'esperienza al Saint Joseph le ha fatto cambiare prospettiva. Suor Valentina, stando accanto alle donne e lavorando prevalentemente con donne, assiste a piccoli miracoli e alle sue colleghe ripete che se questi semi di pace daranno frutto, insieme, ostetriche, medici e mamme palestinesi, cristiani e musulmani, avranno cambiato il futuro della loro terra.

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