Stare sui social in modo civile: coraggio, uno su mille ce la fa
venerdì 24 aprile 2015
Le reazioni della Chiesa istituzionale all'ultima tragedia nel Mediterraneo, che ha causato la morte di molte centinaia di migranti, occupano il 10% della mia ultima rassegna di siti e blog d'informazione ecclesiale: non poco. In più, sui social network l'attenzione dei miei amici, compresi quelli che più condividono con me certe passioni, è tutta per il risvolto che essa ha avuto sulla sontuosa pagina Facebook ufficiale (1,2 milioni di fan) di Gianni Morandi (http://tinyurl.com/l4zmp9b ).Il quale, avendo postato un equilibrato capoverso di 74 parole «a proposito di migranti ed emigranti», e avendone ricevuto in risposta una grandinata di commenti (più della metà dei 14mila complessivi) decisamente malevoli, ha provato «per un paio d'ore» a rispondere a uno a uno, con educazione, per poi arrendersi, non senza dirsi «sorpreso» e «senza parole» per certi contenuti e concludendo con un richiamo alle parole del Papa.«Non so se Morandi sia credente, ma questo è un esempio perfetto, quanto raro, di stile cristiano sul web: nei contenuti e nella forma», mi sollecita Fabio Colagrande. «Da ieri ho messo “mi piace” sulla sua pagina. La conoscevo come “caso di studio sui social”. Oggi ri-conosco una persona che ci mette la faccia. E lo fa benissimo», rincalza Simone Sereni. Non per sfiducia, ma per deformazione professionale ho consultato qualche amico comune (per un bolognese, per di più della mia generazione, il legame con Gianni Morandi è quasi genetico), ma sono stato smentito in ciò che, francamente, mi aspettavo: nessuno staff, nessuna giovane ghostwriter, nessuno nascosto dietro un tablet in un monolocale di Termoli: la sua pagina Facebook, Gianni Morandi se la cura personalmente, a costo delle inevitabili rampogne della moglie: «Sei sempre lì attaccato…».La lezione di stile, non solo cristiano, sul web è così ancora più credibile: semplicità, presa di responsabilità, rinuncia alla rissa verbale. Allora è proprio vero: «Uno su mille ce la fa…».
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