mercoledì 28 settembre 2022
Accompagnare un anziano alla fine della vita è un'esperienza che può rivelarsi faticosa e dolorosa ma anche foriera di preziose scoperte. Ci si confronta con una persona in cui vengono a mancare le energie e in cui a volte la mente si ottenebra. Tutto appare complicato. O forse, tutto si semplifica. Si intuisce che la cosa più importante che si può fare è stare. Stare con lei, provando a vivere ogni circostanza come un'occasione propizia: condividere un ragionamento (o almeno un suo frammento), una parola che dice o che non riesce più neppure a pronunciare ma solo ad accennare. Condividere il silenzio, una delle cose che maggiormente spaventa chi come noi è abituato a vivere circondato dal suono di parole che fanno rumore senza nulla comunicare. Condividere uno sguardo, cogliendo il carico di emozioni che spesso contiene ma che lei non riesce ad esprimere compiutamente. La fragilità di un anziano porta a galla la nostra, ci consegna una sensazione di impotenza che può sfociare nella rabbia e nello sconforto o condurci a scoprire ciò che è essenziale, ciò che nessuna condizione riesce a cancellare: il valore infinito della persona e il suo bisogno di un amore infinito, che solo Dio riesce a colmare. Perché quando ti dicono che «non c'è più niente da fare», solo l'amore resiste.
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