Se Zaccheo avesse avuto un drone: a che serve un Vangelo tecnologico
mercoledì 6 novembre 2019
L'ultimo post di don Giovanni Berti-Gioba, a commento del Vangelo di domenica scorsa ( bit.ly/33o0FAQ ), corre, come di consueto, su due registri paralleli. Quello del testo è un'esigente omelia, nella quale la salita di Zaccheo sul sicomoro «per riuscire a vedere» Gesù è posta in relazione allo stile di vita prevaricatore che, si presume, ha caratterizzato questo personaggio finché non ha incontrato il Signore.
Quello della vignetta (che ha il compito di sorridente "traino" sul testo) sceglie di immaginare cosa si sarebbe inventato Zaccheo «per riuscire a vedere» Gesù se avesse avuto a disposizione la tecnologia contemporanea. È un motivo che ricorre spesso, tra molti altri, nello stile di questo prete e umorista. Ho già raccontato qui altri abbinamenti drone-chiesa che ho incontrato in Rete: con la c minuscola (chiese bellissime e chiese danneggiate da terremoti o incendi, o semplicemente dal tempo) e con la C maiuscola (un ingresso aereo dell'ostensorio con il Santissimo Sacramento).
Tra gli ultimi che la Rete mi presenta c'è un drone-colf proposto da un'azienda privata: con il suo piumino raggiunge la sommità della navata e la ripulisce di decennali ragnatele. Ed ecco un drone risparmiare a uno Zaccheo contemporaneo, che ne maneggia con evidente perizia il radiocomando, la fatica di arrampicarsi.
Mi piace questa idea di mettere in mano, per un attimo, ai protagonisti del Vangelo gli oggetti del nostro presente: Zaccheo che usa un drone, la vergine saggia con torcia elettrica e batterie a lunga durata, lo smartphone che notifica a Pietro il rinnegamento al posto del gallo, Tommaso che cerca su internet la conferma della risurrezione (solo restando alle vignette di Gioba). Mi pare che renda più facile il necessario cammino inverso, e cioè tornare noi indietro, metterci nei loro panni e ascoltare cosa ci insegna Gesù.
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