Se le Messe sono senza popolo il popolo a casa non è senza preti
domenica 12 aprile 2020
In un post sul suo blog "Come Gesù" ( bit.ly/2xltbbA ), che riproduce l'articolo uscito sul settimanale "Ora", don Mauro Leonardi riassume cosa sta succedendo nelle nostre chiese con un'espressione che, forzandola un poco, è stata scelta come il titolo stesso del pezzo: «Non siamo preti senza Messa, ma celebranti senza popolo». E richiama, ancora una volta, le mille iniziative messe in campo dai preti per incontrare il loro popolo, per non lasciare, specularmente, il popolo senza prete, oltre che senza Messa.
Due amici e colleghi di Prato, Giacomo Cocchi e Gianni Rossi, me ne segnalano un'altra ancora, certamente singolare, riportata dal sito della diocesi ( bit.ly/2RraV7h ) e anche dall'edizione cartacea di "Avvenire" del 10 aprile. Si chiama "Pronto prete" ed è semplicemente un numero verde al quale rivolgersi per ricevere, da un sacerdote, assistenza spirituale telefonica. Sei le ore quotidiane di servizio, sei i sacerdoti che vi si alternano, «tutti parroci e dunque abituati ad ascoltare e ad avere parole di conforto per chi si trova in un momento di bisogno». Ritorno sull'idea perché mi piace, a partire dal nome (le allitterazioni sono sempre accattivanti). Non è in senso stretto un servizio che si basa sulla Rete: ma il telefono è stato per lungo tempo la principale forma di comunicazione a distanza uno-a-uno, mentre suo nipote lo smartphone è tuttora il più diffuso canale di accesso alle tecnologie digitali.
E poi, a pensarci bene, possiamo bypassare il numero verde, se non siamo a Prato: chi di noi non ha il telefono del proprio parroco, sulla rubrica? Di un altro prete, di un frate, di una monaca? Una telefonata, anche oggi che è Pasqua, farà bene a noi e pure a loro, anche se non potranno confessarci e tantomeno darci la Comunione. Papa Francesco, per i sacerdoti, durante la messa del Giovedì santo, ha usato un'espressione che gli è cara e che finora aveva riferito per lo più ai laici: «Santi della porta accanto». Parlava di quelli che «servendo» i malati «hanno dato la vita» e in genere del loro essere «servitori». Anche solo rispondendo a una telefonata.
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