Roger Bannister, l'uomo che sfidò l'impossibile e vinse
mercoledì 7 marzo 2018
I record sono luoghi inesplorati. Battere un record è come andare, per la prima volta, sulla Luna o sull'Everest. Sulla cima dell'Everest, negli anni Venti, gli inglesi avevano ripetutamente tentato di metterci piede, pagando anche un enorme sacrificio umano con la scomparsa di George Mallory e Andrew Irvine. Una storia romantica e struggente racconta che Mallory, nel caso avesse raggiunto la vetta, avrebbe lasciato lassù una fotografia della moglie e quando, 75 anni dopo, venne ritrovato il suo cadavere quella fotografia non c'era più. Sta di fatto che, per la storia, nel maggio del 1953 sull'Everest ci arrivarono per primi il neozelandese Edmund Hillary e lo sherpa nepalese Tenzing Norgay. Un inglese, proprio in quegli stessi mesi, si stava allenando per arrivare in cima a un'altra vetta irraggiungibile: correre il miglio (1609,34 metri) in meno di quattro minuti. Correre il miglio, una gara leggendaria per l'atletica di quegli anni, significava dover fare i conti con quel limite, un muro ritenuto invalicabile. Schiere di esperti avevano spiegato a tutto il mondo, e con dovizia di particolari scientifici, perché un essere umano non sarebbe mai riuscito a correre quella distanza in meno di quattro minuti. L'impresa non era considerata difficile. Oppure molto difficile. Semplicemente era, per tutti, impossibile. Per tutti, tranne che per un paio di persone.
Roger Bannister era un atleta che aveva un concetto tutto suo di impossibilità, probabilmente imparato dal suo mentore Franz Stampfl, un allenatore che nel corso della Seconda Guerra Mondiale era sopravvissuto nuotando per otto ore nel gelido del Mare del Nord dopo che la nave che lo stava trasportando era affondata, colpita da un siluro tedesco.
Bannister era arrivato quarto nei 1500 metri ai Giochi Olimpici di Helsinki, nel 1952. Una delusione enorme, tale da fargli pensare di smettere con lo sport e dedicarsi esclusivamente allo studio, essendo ormai vicino alla laurea in Medicina. I mentori, tuttavia, servono proprio a convincere gli eroi a fare il primo passo del proprio viaggio. Così Stampfl, ribaltando la prospettiva, offrì a Bannister l'unica sfida che avrebbe potuto incendiare il suo cuore: «Sarai tu a dimostrare che l'impossibile è possibile». Roger Bannister si svegliò presto quel mattino di maggio del 1954, completamente assorbito da una monoidea: “Sotto i quattro minuti!”. Guardò fuori dalla finestra con un misto di eccitazione e terrore. Un'occhiata ai rami dell'albero che aveva di fronte e che oscillavano al vento, una al cielo grigio, una alle nuvole che sputacchiavano una pioggerella insistente. La sua monoidea, assurda per tutti, sembrava in quel momento esserlo anche per lui. Ma la storia aveva deciso al posto suo. La storia aveva deciso per quel 6 maggio 1954, per l'Iffley Road Athletic Ground di Oxford, per l'evento numero 9 del programma. La storia aveva deciso per il suo pettorale numero 41. Ai tre quarti di miglio lo speaker annunciò il tempo: tre minuti e un secondo. La folla ruggì dall'entusiasmo. Senza più energie, spinto da una forza che non era per niente muscolare Bannister corse le ultime yard essendo esso stesso muscolo, dolore, volontà e utopia. Sentì il filo dell'arrivo sul petto e crollò a terra. Esausto. Norris McWhirter, lo speaker che la storia aveva scelto, gracchiò le sue prime parole dentro al megafono e zittì la folla. “Signore e signori” disse lentamente “ecco il risultato dell'evento numero 9, la corsa di un miglio. Primo il numero 41, Roger Bannister dell'Amateur Athletic Association con un tempo che rappresenta il nuovo record del meeting e della pista e che, se ratificato, sarà il nuovo record inglese, europeo, dell'Impero Britannico e del mondo. Il tempo è: tre... ”. Non ci fu il tempo di finire, la gente invase la pista per portare in trionfo Roger Bannister che non aveva semplicemente corso più veloce degli altri, aveva ridefinito la realtà. Nelle settimane successive al suo record, mentre Bannister si laureava in Medicina, decine di atleti corsero sotto la barriera dei quattro minuti. Il muro, ora, aveva una breccia e molti scoprirono di poterci passare, a partire da John Landy, un australiano che 46 giorni dopo migliorò quel record. Sir Roger Bannister se n'è andato per sempre sabato scorso, lui pioniere di un mondo nuovo e inesplorato al quale (ma solo dopo il suo passaggio e per sempre da secondi) avrebbero avuto accesso in tanti, esattamente come oggi si organizzano cordate di turisti sull'Everest. Che lasciano addirittura lassù la loro spazzatura.
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