Il gol esposto al museo: quando lo sport diventa arte

La rovesciata di McTominay in mostra nella Great Hall delle National Galleries Scotland, il capolavoro realizzato con la mano da Maradona nella Casa Rosada a Buenos Aires: gesti atletici che parlano
December 24, 2025
Il gol esposto al museo: quando lo sport diventa arte
Uno screenshot della rovesciata di Scott McTominay
C’è una frase di Roland Barthes che torna utile ogni volta che sport e arte, stadi e musei, si guardano negli occhi. In Mythologies Roland Barthes osserva che lo sport è un sistema di segni, un linguaggio completo, «un grande spettacolo leggibile», in cui i gesti valgono quanto le parole. In sostanza il gesto sportivo, come l’opera d’arte, non è fatto per essere spiegato, ma per essere letto. È questa la chiave che lega il campo e la sala espositiva: il museo non conserva solo oggetti, ma gesti diventati segni; lo sport non produce solo risultati, ma gesti che, talvolta, diventano memoria collettiva.
La Scozia si è qualificata al Mondiale 2026 battendo la Danimarca 4-2: un duello epico, anzi vichingo-gaelico, che ha vissuto un momento di inestimabile bellezza quando Scott McTominay ha segnato un gol in rovesciata, catturato dalla macchina fotografica di Ross MacDonald. Oggi quello scatto è esposto nella Great Hall delle National Galleries Scotland. Il gol più bello immaginabile, nel momento più importante immaginabile vale, eccome, il prezzo del biglietto di un museo e soprattutto la dignità di essere riconosciuto come un’opera d’arte. E allora ci chiediamo: che cosa può fare un’immagine? Congelare il tempo? Restituire l’intensità dell’esperienza umana? La storia dello sport risponde di sì, e porta con sé altri istanti, controversi, sacri, irriducibili al racconto banale, come il celebre gol realizzato con “La Mano de Dios” da Diego Armando Maradona, segnato contro gli Inglesi ai Mondiali del 1986. Quel gesto che è stato al contempo ribellione, astuzia, truffa e poesia ha attraversato generazioni e continenti e la sua immagine è entrata nelle profondità della memoria collettiva. Anche in questo caso, lo scatto che lo ha catturato per l’eternità, è stato esposto, anni fa, a Buenos Aires, nella Casa Rosada, la celebre sede della Presidenza della Repubblica Argentina che si affaccia su Plaza de Mayo. Un luogo istituzionale e simbolo del potere politico, ma anche teatro di lutti e celebrazioni popolari, di proteste e commiati, fra i quali proprio quello di Diego Maradona. Queste due fotografie, lontano nel contenuto, nello spazio e nel tempo, parlano a due Paesi interi, sono specchio del rispettivo popolo e necessaria icona condivisa, in una sorta di simmetria dell’atto umano.
Certo, un gol palesemente segnato con la mano è una mascalzonata e una rovesciata è un gesto tecnico sublime, ma qui non stiamo ragionando di etica, di buono, di giusto e neanche soltanto di bello. Quello che preme sottolineare è come sport e arte non siano mondi separati, ma linguaggi che cercano di restituire l’esperienza umana nella sua complessità. L’artista e l’atleta, in modi simili, lavorano alla ricerca di un gesto che rimanga nella memoria di chi guarda. Così, mentre a Edimburgo si osserva il volo di McTominay in un lampo di luce, a Buenos Aires la silhouette di Maradona diventa simbolo nazionale di riscatto e di ingiustizia che combatte le ingiustizie. In quei due fotogrammi così diversi e lontani, ma esposti al pubblico, c’è tutto il potere dell’arte e dello sport insieme: regalarti la traccia imperitura di ciò che, anche solo per un attimo, ti ha fatto sentire vivo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA