“Povera patria”, il nuovo corso in Rai
martedì 29 gennaio 2019
Aproposito della prima puntata di Povera patria (venerdì in seconda serata su Rai 2) si è già detto su queste pagine del contestato editoriale sul «signoraggio», quello che l'autore stesso, il giornalista Alessandro Giuli, definisce «il guadagno del signore che stampa la nostra moneta», ovvero lo Stato. Adesso, senza tornare sulle inesattezze di quel servizio, ci interessa sottolineare l'inopportuno uso dell'immagine del Dio michelangiolesco della Cappella Sistina per dare volto al «signore» della moneta. Ma qui ci interessa anche notare come il programma di approfondimento politico-economico condotto da Annalisa Bruchi sia totalmente cambiato ben oltre lo stravolgimento del titolo da Night tabloid a Povera patria voluto dal neo direttore di rete, Carlo Freccero, ispirandosi a una canzone di Franco Battiato. A parte lo spostamento dal lunedì al venerdì, è aumentata notevolmente la durata del programma fino a sfiorare le due ore. Ma soprattutto è aumentata la permanenza in studio di alcuni ospiti. Nella puntata d'esordio il ministro dell'Interno Matteo Salvini è stato presente per almeno 50 minuti, quelli iniziali, e il collega titolare degli Affari europei Paolo Savona per una buona mezz'ora a seguire. Entrambi senza contraddittorio, con l'incalzare a volte solo apparente dei giornalisti in studio: la stessa Bruchi, Giuli e Aldo Cazzullo (l'unico che ha cercato di portare un po' più allo scoperto il leader della Lega). Per il resto persino alcuni dei servizi previsti, come quello sulla mafia nigeriana in Italia, hanno offerto il destro a Salvini. Dopo un'ora e venti sono entrati in scena Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, Giorgio Mulè di Forza Italia e, in collegamento da Genova, il professor Paolo Becchi. Per loro solo un quarto d'ora notturno, comprese le posizioni filosalviniane di Becchi. Gli ultimi 10 minuti, a notte ancora più fonda, sono stati dedicati a un'intervista di Cazzullo al cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana. A questo punto basta rileggere i numeri, fare un po' di calcoli (escludendo pure i 30 mila euro pagati a Grillo per i diritti dello show andato in onda ieri sera) e capire come il vento in Rai sia cambiato davvero.
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