Pensioni del clero, il peso sui bilanci delle mancate promesse
giovedì 26 novembre 2015
È divenuto purtroppo un dato costante il "rosso" di bilancio del Fondo di previdenza per il clero. Anche i numeri del consuntivo per il 2014, recentemente approvati dal Comitato amministratore della gestione, registrano l'esercizio economico dell'anno (meno 71 milioni di euro) e lo stato patrimoniale (il cumulo dei deficit precedenti, pari a 2.157 milioni di euro) in grande sofferenza.Giustificare il deficit patrimoniale col fatto che il Fondo deve assicurare per legge una pensione in proporzione più alta dei contributi versati, corrisponde solo in parte alla verità. Non si mettono in conto altri fattori che da molti anni zavorrano il bilancio della gestione sacerdotale, fornendo una rappresentazione contabile lontana dai dati reali.Infatti, al fine di assicurare il pareggio di tutti i conti, i regolamenti interni dell'Inps stabiliscono che i fondi attivi devono operare prestiti ai fondi in passivo, come il Clero. Per molti anni su questi prestiti sono stati imposti anche pesanti interessi, in una misura ben oltre il tasso legale e facendo riferimento agli analoghi prestiti in uso sul mercato finanziario, adottando così criteri contabili estranei alle funzioni e alla natura di un ente pubblico. Gli analoghi movimenti contabili all'interno dell'ex Inpdap sono avvenuti, per legge, senza oneri o interessi di sorta.Ancora oggi pesa sui bilanci la promessa del Governo, tuttora non mantenuta, di un intervento straordinario a pareggio del deficit patrimoniale del 2000 in occasione dell'avvio del nuovo sistema "a ripartizione" per la gestione del Fondo. Anche se fosse recuperato oggi lo sbilancio dell'epoca, l'attuale situazione dei rendiconti non appare recuperabile se non attraverso un intervento legislativo.I dati 2014. Aumentano le prime liquidazioni per vecchiaia (575 pensioni nel 2014 contro le 490 nel 2013) che documentano il progressivo invecchiamento del clero in esercizio, confermato anche dal progressivo aumento delle eliminazioni per decesso.Nella quasi totalità le nuove pensioni sono state liquidate non prima dei 68 anni di età, e risultano perfino rallentate dall'applicazione della "speranza di vita" che ha allungato i pensionamenti a 68 anni e 3 mesi (dal 2016 avverrà a 68 anni e 7 mesi), una misura che ha creato una disparità di trattamento con gli altri assicurati Inps.Sempre più difficile anche il pensionamento per invalidità, praticamente inesistente (appena 10 le nuove liquidazioni), a conferma di una normativa interna che non riesce a rappresentare adeguatamente le patologie che incidono sul ministero di culto. Anche in questo ambito si rende urgente una revisione legislativa.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI