Paternità di due affermazioni, persistenza di due convinzioni
mercoledì 5 settembre 2018
Con diverso stile ma pari efficacia, Vera Gheno e Giovanni Marcotullio – l'una sul suo profilo Facebook ( tinyurl.com/y9m554p5 ), l'altro sul suo blog “Breviarium” ( tinyurl.com/ybjtolv4 ) – dimostrano l'impossibilità che due affermazioni appartengano davvero ai famosi autori cui vengono solitamente attribuite. Le affermazioni in questione, che in tanti abbiamo forse recepito senza porci troppe domande, riguardano la bassa quantità di parole conosciuta da un adolescente italiano degli ultimi vent'anni e l'intervento di Dio nell'elezione dei Papi, che talvolta li donerebbe ma talaltra li infliggerebbe. La loro paternità è generalmente assegnata, rispettivamente, al linguista contemporaneo Tullio de Mauro e al Padre della Chiesa Vincenzo di Lerins (V secolo); la Rete, ridondante, ingigantisce la verosimiglianza di ciascuna affermazione. Ma, come documentano i due debunker, De Mauro l'ha personalmente smentita in un saggio del 2006, mentre non se ne trova traccia nell'unica opera pervenutaci di Vincenzo di Lerins, il Commonitorium. Non mi aspetto tuttavia che tali disvelamenti producano grandi effetti. Nel caso del lessico degli adolescenti, che uno studioso del calibro di De Mauro non abbia mai detto che essi oggi conoscono al massimo qualche centinaio di parole difficilmente dissuaderà tanti adulti dal sostenerlo, avendone netta la sensazione per il solo fatto che gli adolescenti parlano un linguaggio differente dal loro. Nel caso di Dio e dei Papi che talvolta infliggerebbe alla Chiesa, a maggior ragione, varrà ben poco che quel teologo e santo del V secolo non abbia mai attribuito a Dio un tale modo di influire sulla scelta dei Papi: i detrattori di papa Francesco (o di qualche suo predecessore o successore) troveranno in fretta un altro santo o teologo o vescovo da strumentalizzare a sostegno delle proprie, poco ecclesiali, convinzioni.
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