Ogni buona dieta (e non solo) è a base di differenze
mercoledì 28 settembre 2016
Il rapporto tra sport e cibo risale all'antichità. Ben presto, infatti, oltre all'esercizio fisico, furono filosofia e medicina a impossessarsi dell'arte ginnastica. Fra il 460 e il 370 a.C. fu la scuola di Ippocrate a conferire all'attività fisica una forte connotazione con la medicina. In particolare un anonimo autore ippocrateo pubblicò un opuscolo Sulla dieta (Perì diáites) dove curiosamente suggeriva la proibizione di ogni attività fisica con finalità agonistiche, sostenendo che la gara fosse innaturale e antigienica rispetto a un meditato e misurato sforzo quotidiano. Questo punto di vista era curiosamente distante da una concezione (in questo caso decisamente più filosofica) dell'agonismo come elemento distintivo della cultura sportiva dell'Antica Grecia. In nessun altra parte del mondo contava infatti così tanto vincere, in nessuna altra parte del mondo tutti coloro che si classificavano dal secondo all'ultimo posto scomparivano immediatamente dalla memoria collettiva.Anche il più grande medico dell'antichità, Galeno di Pergamo, rafforzò l'idea di quanto fosse importante una dieta sana, in un opuscolo (probabilmente il primo mai scritto sul tema) dal titolo: Sul gioco della piccola palla (Perì mikrâs spháiras). Nel III sec. d.C. Filostrato di Lemno, nel suo Manuale dell'allenatore lanciò un'invettiva contro l'allenamento errato che fece sì che: «Da combattivi che erano, gli atleti divennero inabili, da vigorosi ignavi, da austeri rilassati, e prevalse la ghiottoneria siciliana. La tecnica della lusinga venne introdotta nell'allenamento atletico (…) Essa insegnò la pigrizia e a star quieti prima dell'allenamento, con la pancia gonfia, fornì pasticceri e cuochi di grido che li fecero diventare ghiottoni e voraci, li nutrì con un indigesto pane al papavero, rimpinzandoli con assurde diete ittiche».Filostrato di Lemno, al di là di un giudizio che fa sorridere sulla «ghiottoneria siciliana», e che difficilmente potrà essere condivisibile, entra in una dotta distinzione sulla qualità del pesce a seconda del punto di rinvenimento nel mare, così come distingue la qualità dei suini: ottimi quelli che si nutrono di cornioli e di ghiande, pessimi quelli allevati vicino al mare o ai fiumi. «Chi mangia troppo lo rivelano il sopracciglio pendente e il respiro ansimante» ammonisce Filostrato, invitando, in maniera perentoria, gli allenatori a vigilare sulla qualità del cibo da somministrare ai propri atleti.Milleottocento anni dopo la cultura del buon cibo, dell'attenzione alla qualità e al suo processo produttivo non interessa soltanto gli atleti. Lo dimostra lo straordinario successo popolare di "Terra Madre", manifestazione voluta da Carlo Petrini, visionario fondatore di Slow Food, che ha letteralmente portato a Torino un mondo di piccoli produttori, spesso ospitati da cittadini, che hanno incrociato le loro storie provenienti dai cinque continenti per le vie della città piemontese, ricordandoci la necessità di difendere la bellezza della biodiversità. Allargando il concetto essere contro tanto le monocolture che le monoculture è un'urgenza per difendere il futuro del pianeta. E allargando ancora il punto di vista, con una specie di zoom all'indietro, le immagini della marcia e della cerimonia delle bandiere, che ha inaugurato "Terra Madre" sotto gli occhi del Presidente della Repubblica, ricordano molto da vicino la cerimonie di apertura dei Giochi Olimpici e Paralimpici che tanto ci hanno emozionato poche settimane fa. Un mix di colori, suoni, culture che ci raccontano, senza parole né proclami, la bellezza e l'arricchimento che le differenze ci possono regalare. Le immagini e i sorrisi di migliaia di donne e uomini così diversi fra loro, orgogliosamente sotto le proprio bandiere, ma evidentemente cittadini di un mondo al quale vogliono bene, sono lì a dimostrare, tanto da Rio come da Torino, che un futuro migliore è possibile.
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