Nuotare contro lo squalo bianco senza perdere... sangue
mercoledì 21 giugno 2017
Era il febbraio del 1896. Due mesi più tardi, ad Atene, si sarebbe disputata la prima edizione dei Giochi Olimpici moderni, quella fortemente voluta dal Barone de Coubertin. Nessuno aveva ancora intuito ciò che quella manifestazione sarebbe diventata, ma tutti avevano compreso che lo sport si stava affermando come strumento di narrazione di una nuova epica.
Era il periodo in cui venivano codificate le regole di nuove discipline (la pallacanestro aveva cinque anni di vita, la pallavolo uno), nascevano club calcistici e si prendevano le misure di quanto lo sport sarebbe stato importante per il mondo. Le misure le voleva prendere anche un giovane palermitano che si chiamava Nino Sofia e andava, molto forte, in bicicletta. Approfittò della tournée in Sicilia di Buffalo Bill e del suo circo, per sfidare in una gara di velocità il destriero bianco cavalcato dal famoso cowboy. Tre giri, nel velodromo di Via Parlatore. Anello interno, in terra battuta, per il galoppo di Buffalo Bill. Anello esterno, pavimentato in legno, per le due ruote di Nino. Sembra che gareggiarono testa a testa fino al rettilineo finale quando, accorgendosi che avrebbe perso, il Colonnello William Cody, alias Buffalo Bill, fece scartare il suo cavallo di lato facendo cadere il giovane ciclista, che terminò la sfida con una vittoria morale e una clavicola spezzata.
Sono passati 120 anni e 31 edizioni dei Giochi e l'atleta più titolato della storia, uno che al collo può mettere 23 medaglie d'oro olimpiche che di nome fa Michael Phelps, ha annunciato che sfiderà uno squalo bianco. In realtà un altro straordinario campione olimpico, Usain Bolt, aveva annunciato, qualche anno fa, che avrebbe voluto sfidare un ghepardo, ma non se ne fece nulla, se non una sorta di gara virtuale messa in piedi da scienziati annoiati. Costoro dimostrarono che in una gara sui 100 metri il ghepardo (uno qualunque, peraltro, non il campione dei ghepardi) avrebbe vinto con un margine di circa 40 metri.
Noi appassionati sportivi ce ne facemmo una ragione, ma già fremiamo all'idea di capire quando, dove e soprattutto come Phelps sfiderà questo squalo bianco. Già perché gli autori di Discovery Channel (in questo caso organizzatori della sfida, un po' come Don King per il mitologico combattimento di Kinshasa fra Cassius Clay e George Foreman) lasciano ancora oscuri molti aspetti. Gareggeranno in una piscina olimpica? Un ammaestratore di squali insegnerà allo sfidante pinnato a nuotare in corsia? Come la mettiamo con le virate? Lo squalo gareggerà a stomaco pieno?
Insomma, della sfida da Circo Barnum fra uomo e animale non ne sentivo la mancanza. Ma tant'è, aspettiamo dettagli. La certezza è che, qualunque sia il tipo di competizione che si metterà in piedi, con lo sport e con il nuoto non c'entrerà nulla. Sarà (se ci sarà) una sfida che riguarda altri aspetti dell'animo umano, anche se fatico un po' a vederli.
Per inciso Phelps, il cui soprannome è "lo squalo di Baltimora", è in grado di nuotare a 9,5 km/h, uno squalo vero (di Baltimora o di ogni altro oceano al mondo) viaggia a circa 40 km/h. La sfida sembra impari, un po' come se si chiedesse a un babbuino di comporre versi meglio del Petrarca o a un castoro di battere un ingegnere nella costruzione del ponte sullo Stretto di Messina. L'unica cosa intelligente che viene in mente è un consiglio per Michael Phelps, qualora dovesse cimentarsi nell'impresa. È una sorta di regola di vita che ho sentito dispensare dal suo connazionale e stimatissimo coach di basket Dan Peterson e che ho cercato di far mio: «Mai sanguinare davanti agli squali!»
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