Nove secoli dopo ritornano a cantare le sorelle di Ildegarda
lunedì 26 maggio 2003
La Vita Sanctae Hildegardis ("Vita di Santa Ildegarda"), scritta da Teodorico di Echternach, si ferma al giorno 17 settembre 1179. In quella data il monaco annotò infatti con diligenza gli straordinari eventi meteorologici che fecero da sfondo al «gioioso transito allo sposo celeste» della donna, che si spense a 81 anni tra i canti intonati dalle consorelle su sua espressa richiesta; accompagnata, dunque, da melodie che per bellezza e preziosità vantano pochi confronti nel repertorio sacro dell'intero Medioevo. Oggi ce ne giunge una testimonianza diretta dal cd Vespri dall'Abbazia di Santa Ildegarda (pubblicato da Regis e distribuito da Milano Dischi), realizzato dalle monache benedettine dello stesso Convento di Eibingen in cui Hildegard von Bingen ha trascorso gli ultimi anni della sua esistenza; in un'ideale continuità spirituale e di immedesimazione con il carisma della Santa tedesca.Mistica, teologa, scrittrice, poetessa, compositrice e scienziata, lungo tutto l'arco della sua esistenza Ildegarda rimase saldamente ancorata a una visione positiva del mondo: la profonda convinzione dell'assoluta bontà del creato e il riconoscimento della realtà come segno che rimanda sempre a «qualche cosa di Altro da sé» hanno permeato la totalità delle sue opere, siano esse gli scritti di ordine teologico e cosmologico o le dissertazioni di argomento medico e botanico. Ma soprattutto i brani musicali destinati alla celebrazione dell'Ufficio (poi radunati nella raccolta Symphonia harmoniae celestium revelationum, "Sinfonia dell'armonia delle rivelazioni celesti"), caratterizzati dalla ricchezza e dall'originalità di uno stile compositivo che, pur rimanendo confinato nella tradizione gregoriana del canto all'unisono, si manifesta attraverso una notevole varietà di andamenti ritmici e di sfumature espressive che rivelano approfondite conoscenze tecniche in materia musicale. Ma le creazioni della Santa tedesca colpiscono da subito per l'immediatezza e la profondità della loro ispirazione, frutti spontanei di una devozione concretamente vissuta. Ed è così che ce le restituiscono le monache di Eibingen: senza particolari velleità artistiche, come una prova diretta di quanto canto e preghiera, domanda e offerta possano fondersi in una voce sola.
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