Nemmeno due fette a testa, gli italiani non mangiano più pane
domenica 22 febbraio 2015
In Italia si consuma meno pane che nel 1861. Certo, le abitudini alimentari sono cambiate. L'Italia di oltre cento anni fa non è quella di oggi. Ma il dato deve essere valutato con attenzione e posto accanto a un altro circolato in queste settimane: dopo anni passati a languire, il mercato alimentare nazionale, forse, mostra segni di solida ripresa. Quanto sta accadendo al pane, tuttavia, è un segno dei tempi importante. Secondo Coldiretti, che ha condotto un'indagine ad hoc, non è mai stato cosi basso il consumo di questo alimento principe della dieta degli italiani. Nel 2014 si è arrivati a circa 90 grammi, pari a meno di due fettine al giorno (o due rosette piccole) a persona. Nell'anno dell'unità d'Italia si mangiavano ben 1,1 chili di pane a persona al giorno. Ovvio: la nostra dieta non ha nulla a che vedere con quella dei nostri trisavoli. Ma occorre fare attenzione: a determinare il contenimento dei consumi è senza dubbio soprattutto il cambiamento delle abitudini alimentari, ma anche il fatto che più di quattro italiani su dieci mangiano il pane avanzato del giorno precedente. Merito - o colpa - della congiuntura difficile. C'è la tendenza a contenere gli sprechi, ma anche l'obbligo di stringere la cinghia molto più di prima. D'altra parte, sempre secondo Coldiretti, solo il 2% butta il pane superfluo. Insomma, il pane - con latte, carne, zucchero e sale - continua ad essere uno di quegli alimenti ritenuti preziosi. Retaggio forse di tempi ancora più magri di quelli di oggi, questo atteggiamento probabilmente non ci ha abbandonato, anzi. E in ogni caso, quello del pane, insieme ad alcuni altri prodotti simili, è un mercato che vale ancora oggi quasi 8 miliardi all'anno, con una netta preferenza per il pane artigianale rispetto a quello industriale.Intanto, se il mercato del pane continua ad essere uno dei più importanti ma subisce i mutamenti della storia e i colpi della crisi, quello alimentare in generale sembra timidamente muoversi in maniera positiva. L'ultimo scorcio del 2014 - ha infatti rilevato l'Ismea (che segue costantemente i mercati agricoli) - ha regalato alla nostra economia un mini rimbalzo dei consumi alimentari delle famiglie italiane. Niente di eccezionale, ma il mezzo punto percentuale generale fatto registrare dal mercato indica forse qualcosa: magari non a un rilancio dei consumi, ma, quanto meno, un arresto dell'andamento discendente che ha caratterizzato il periodo recente. Per questo le industrie alimentari hanno riacquistato fiducia e gli agricoltori guardano un po' più positivamente ai prossimi mesi. Tutti segnali che fanno ben sperare, ma che vanno consolidati. Il mercato alimentare è uno di quelli a più alta fragilità. Una condizione che tutta la filiera ha ben presente.
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