Negli echi dei canti in lingua d'Oc lo stupore dell'attesa del Salvatore
domenica 29 novembre 2009
Quale colonna sonora accompagnava le feste natalizie nelle regioni meridionali della Francia in pieno Seicento? La risposta a questa domanda, per certi versi alquanto sfiziosa, è racchiusa in un bellissimo disco intitolato Noël baroque en Pays d'Oc (pubblicato da Alpha e distribuito da Jupiter) e dedicato appunto ai brani che in tempo d'Avvento riscaldavano gli animi dei fedeli nelle terre d'Occitania, dove ancora nel XVII secolo, oltre che in francese, si parlava " e si cantava " in lingua d'Oc, l'antico ceppo utilizzato dai trovatori provenzali.
Con grande gusto e fantasia interpretativa, l'ensemble vocale e strumentale "La Camera delle Lacrime" diretto da Bruno Bonhoure ci introduce così in un mondo musicale tanto ricco quanto affascinante, in cui si affiancano e si compenetrano registro colto e popolare, repertorio sacro e profano; dove i motivi delle carole e dei tradizionali Noëls si intrecciano con le raffinate e aristocratiche airs de cour, in una grande varietà di stili e di forme che presenta un unico comun denominatore: il sentimento di gioia e di trepida attesa per la nascita del Salvatore.
Sul vellutato tappeto sonoro offerto da viole da gamba, tiorba, chitarra barocca e organo (o clavicembalo) si stagliano le voci soliste del soprano Caroline Bardot e dello stesso Bonhoure, impegnate a destreggiarsi tra i temi di ciaccona e le filastrocche di campagna, tra le melodie lineari e l'eco dei severi corali di scuola germanica, tra le variazioni virtuosistiche e i ritmi di danza, tra i testi eruditi e le novelle pastorali di una quindicina di brani dovuti principalmente all'arte di Nicolas Saboly (1614-1675) " maestro di cappella presso la Collegiata di San Pietro ad Avignone " e in modo particolare di Natalis Cordat (ca. 1610-1663), curato di campagna con la passione per la composizione, che nell'introduzione al suo manoscritto di Noëls invitava ad accogliere le sue fatiche per nulla di più di ciò che in realtà non fossero: semplici canti natalizi scritti per «alleggerire lo spirito, garantire sollievo e consolazione agli ascoltatori e renderli liberi dalle cose terrene», ma soprattutto come «antipasto degli armoniosi accordi che dilettano gli animi felici degli eletti che già godono della vita eterna».
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