Le profezie delle Sibille risuonano nella polifonia del Rinascimento
domenica 2 dicembre 2007
«Le profezie che ascolti sono quelle con le quali un tempo le dodici sibille cantarono, con bocca che non ha paura, i segreti della nostra salvezza»: con queste parole si apre il Carmine chromatico che funge da prologo alle Prophetiae Sibyllarum di Orlando di Lasso (1532-1594), capolavoro assoluto del repertorio rinascimentale "a cappella" (solo voci, senza strumenti): dodici piccoli gioielli polifonici che lo stesso autore ha raccolto in un prezioso manoscritto " arricchito inoltre dalle miniature di Hans Mielich " per farne dono al duca Alberto V di Baviera.
In piena continuità ideale con l'arcano «Canto della Sibilla» che, con il suo lento e solenne incedere, già nel lontano Medioevo era chiamato ad annunciare, durante i servizi liturgici della Notte di Natale, la venuta del Salvatore e il suo ritorno nel Giorno del Giudizio, il compositore fiammingo ha rivestito di note le enigmatiche sentenze profetiche pronunciate da queste figure semi-divine che, nate nel cuore delle civiltà classiche mediterranee, avevano il potere di predire il futuro.
Utilizzando un linguaggio musicale raffinato e attingendo ad antichi modelli attraverso una peculiare rivisitazione stilistica "contemporanea", Lasso si muove nella stessa direzione verso cui si sono rivolte le stranianti visioni pittoriche di Michelangelo, Raffaello o Pinturicchio, laddove ragione e intelletto si scostano per lasciare il posto a un annuncio di salvezza che giunge da un passato assai remoto, quasi ancestrale, ma che è destinato a gettare una nuova luce sull'intero corso della storia dell'umanità.
Ed è là, in una dimensione che si colloca ben oltre qualsiasi barriera del tempo e dello spazio, che Walter Testolin guida l'ensemble vocale De Labyrintho a esplorare i reconditi anfratti dell'arte e della spiritualità racchiusi nelle Profezie delle Sibille di Lasso (cd pubblicato da Stradivarius e distribuito da Milano Dischi); riconducendo le sentenze sibilline al senso ultimo delle rivelazioni che racchiudono al proprio interno e che il Maestro fiammingo ha inteso tradurre intrecciando tra loro melodie sospese sul baratro dell'infinito, «composte ad imitazione di quelle meravigliose armonie celesti che nessun essere umano ha mai udito, tranne gli apostoli...».
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