Le «eredità digitali», un valore da tutelare
venerdì 21 giugno 2019

Le nostre vite, ci ripetiamo tutti, sono sempre più digitali. Eppure, un po' per scaramanzia e un po' per pigrizia o per distrazione, nessuno di noi pensa al dopo. E se ci pensiamo, non ci viene quasi mai in mente che di noi esiste anche un'eredità digitale che cresce in volume e in valore ogni giorno di più e con la quale dobbiamo imparare a fare i conti. Che cosa accadrà infatti alla nostra morte (ma basta anche una malattia seria) ai nostri profili social, alle email, alle nostre foto, ai video, agli abbonamenti digitali e a tutti i file che abbiamo comprato online? Resteranno persi nelle «nuvole digitali» dei vari servizi cloud della Rete? E se, per mille ragioni, non volessimo che certi nostri ricordi o beni digitali finissero persi o nelle mani di chiunque, chi ci tutelerà?
Già oggi, per esempio, oltre il 5% degli utenti Facebook è rappresentato da defunti. Ma delle loro eredità non si occupa nessuno. Eppure, dopo che la Corte Federale di Giustizia tedesca ha stabilito che Facebook è tenuto a garantire l'accesso al profilo e all'account agli eredi dell'utente deceduto, il social ha provveduto alla possibilità per gli iscritti di indicare un «erede digitale». Il quale potrà gestire, con alcune limitazioni, l'account del deceduto che sarà trasformato in commemorativo. L'"erede" non potrà accedere ai messaggi, modificare o rimuovere post già pubblicati dal defunto, ma potrà scrivere nuovi post, rispondere alle richieste di amicizia, modificare l'immagine del profilo e anche chiedere che venga rimosso l'account. Ancor più strette le maglie di Twitter. In caso del decesso di un utente il social fa sapere che «lavorerà con una persona autorizzata ad agire per conto del defunto o con un familiare stretto e verificato per disattivare l'account». E tutti i tweet, le immagini e i video postati negli anni?
Di eredità digitali si occupa anche il Consiglio Nazionale del Notariato che ha anche stilato alcuni suggerimenti. Per esempio: leggiamo bene le regole dei servizi online, alcuni infatti prevedono che in caso di morte dell'utente tutti i suoi dati vengano distrutti. Ma il punto più importante è questo: «Affidate a una persona di fiducia le vostre credenziali d'accesso (username e password) con istruzioni chiare su cosa fare in caso di decesso: distruggere i dati in tutto o in parte, o consegnarli a soggetti indicati da voi. Si chiama mandato post mortem ed è ammesso dal nostro diritto». Ovviamente, se cambiate le password, come è buona regola di sicurezza, ricordate di aggiornare le istruzioni. Perché è vero che esistono servizi che possono tentare di violare le protezioni e accedere ai dati dell'utente defunto, ma sono molto costosi e in caso di controversia legale rischiate grosso.
Altro aspetto importante riguarda i conti correnti online. Non basta affidare la password a qualcuno per lasciargli il nostro denaro in caso di decesso. «Un conto online non è altro che l'estensione virtuale di un conto reale. Quindi, per esempio, in una coppia non sposata e senza figli, se manca il testamento, saranno comunque fratelli sorelle e genitori ad ereditare la giacenza sul conto on line».
In Italia, nel frattempo, è nata eLegacy (https://www.elegacy.app/) «la prima piattaforma per gestire in modo legalmente valido l'eredità digitale». Si tratta di un progetto ideato da una start up piemontese guidata da Pietro Jarre. Da questo team è nato anche un progetto collegato altrettanto interessante. Si chiama eMemory (https://www.ememory.it/) ed è un servizio con cui salvare, catalogare e rendere fruibile agli eredi il nostro patrimonio digitale. Non solo. «Per famiglie, associazioni e aziende eMemory offre un luogo sicuro e in completa privacy dove salvare, condividere e tramandare storie, ricordi, documenti».

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