Le discussioni sull'accoglienza e la morte del buon samaritano
venerdì 6 luglio 2018
Secondo quanto mi segnalano i miei robot, l'aver posto il tema dell'accoglienza/respingimento dei migranti ai primi posti dell'agenda politica ha fatto sì che, nelle ultime settimane, diventasse particolarmente affollata di post la sezione "Chiesa che serve" del mio monitoraggio, quella in cui annoto parole e gesti che esprimono in pubblico la sensibilità sociale dei soggetti ecclesiali. Oltre ai numerosi interventi dei rappresentanti istituzionali, si sono guadagnati molti rilanci e commenti padre Alex Zanotelli, del quale la Rete ha ripescato con frutto una lettera-appello ai giornalisti a «rompere il silenzio sull'Africa» datata luglio 2017 ( tinyurl.com/y94ok4ac ), e monsignor Luigi Bettazzi, che ha riscoperto una sua antica e feconda vocazione e con una lettera aperta, già pubblicata qui su "Avvenire" ( tinyurl.com/ybum8ejb ), si è rivolto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte «non come antica autorità religiosa» ma «come cittadino», per chiedere un'Italia «pioniera di accoglienza, controllata sì, ma generosa».
Tra le 500 parole di cui è composto non si trova una sola volta il sostantivo «migranti», ma il post che il teologo Simone Morandini ha affidato al blog "Moralia", sul sito de "Il Regno" ( tinyurl.com/ycrejzj6 ), si candida a buon diritto come riferimento prezioso per il dibattito di questi giorni. Ragionando intorno alla figura del buon samaritano come icona millenaria di un'etica della cura e della responsabilità fattasi cultura «fino a prendere corpo anche in istituzioni e forme sociali», l'autore prospetta la possibilità che «l'Occidente viva in questi anni una sorta di seconda secolarizzazione» nella quale «quella passione per la relazione e quell'attenzione per il fragile» si attenua. La sintesi forte ma efficace che il titolo del post, certamente redazionale, offre a questo già asciutto ragionamento è: «Il samaritano è morto?». Dio non voglia: se muore il samaritano, ricordiamocelo, nessuno più ci soccorrerà ogni volta che qualcuno o qualcosa ci ridurranno mezzi morti, sulla strada da Gerusalemme a Gerico.
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