Le confessioni di Mourinho, le allucinazioni di Byron Moreno
sabato 9 aprile 2022
Vista la povertà di mediatori autorevoli per la pace nella guerra Russia-Ucraina, forse potremmo rivolgerci a dei diplomatici universali, come certi allenatori di calcio. Tipo la grande anima tedesca del Liverpool, mister Jurgen Klopp. Dice bene un dritto e rovescio vivente come Adriano Panatta che «da Klopp non ho mai sentito dire una cosa stupida», a differenza del tecnico della sua Roma, Josè Mourinho che definisce un «paraguru» (accezione di cui rivendico copyright, caro Adriano!). Per una volta mi sento di difendere lo “Specialone” (invenzione di mastro Italo Cucci) che di notte pare si aggiri spesso per San Pietro, fonte Osservatore Romano che ha seguito l'incontro specialissimo tra Mourinho e il cardinale José Tolentino de Mendonça, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa. Nella sua confessione al cardinal Tolentino Mendonça, il profeta di Setùbal ha ribadito che «il calcio è l'ultima cosa di cui parlo, è l'ultima cosa a cui penso, l'ultima cosa per la quale chiedo qualcosa». Il calcio per tanti è una fede, mentre la fede Mourinho la trova anche nel legame con i suoi giocatori: «25 uomini con tradizioni diverse, credi diversi, ma io lo chiamo il segno +, quello che può fare la differenza, un convincimento comune, a cui ognuno dirà di sì, il libero arbitrio, si crede in quello che si vuole, si crede più o meno nel divino, ma il plus viene sempre un po' da quell'area che non si tocca, ma si sente, è astratto». Amen. Per tornare sul concreto, un potente dialettico, è da sempre Pep Guardiola, inventore del “tiki-taka” che è gioia e disperazione di tanti esegeti del pallone. A cominciare da Diego Simeone, allenatore dell'Atletico Madrid: l'anti “tiki-taka”, che alla prova del City, il Manchester di Guardiola, si è dovuto arrendere (1-0 all'andata). E il Pep alle critiche della vigilia del "Cholo" argentino, ha risposto servendo una bollente catalana: «Nella preistoria, oggi e tra 100.000 anni, attaccare il 5-5-0 è difficile», alludendo al modulo di Simeone che prevede la distruzione del gioco avversario, affidata a una squadra, l'Atletico, di nome e di fatto, che non schiera veri attaccanti. Riflessioni troppo tecniche e poco diplomatiche, meglio tornare ai moduli, tipo la «bizona» e il «5-5-5» di Oronzo Canà, alias Lino Banfi. Ma ora, non è l'allenatore ad essere nel pallone, quanto l'arbitro. Cari compatrioti, ricordate lo scandaloso arbitraggio dell'ecuadoregno signor (sì fa per dire) Byron Moreno. A vent'anni esatti dai Mondiali di Corea del Sud-Giappone 2002, Moreno torna a parlare per dirci che «in quell'Italia-Corea del Sud, arbitrai da 8,5. Ma i tifosi italiani ancora mi insultano sui social». Noi non lo insultiamo, ricordiamo invece a mister Byron che nel 2010 venne arrestato all'aeroporto di New York, mentre provava ad entrare negli Usa con 6 chili di cocaina. Ora, è lecito chiedergli: l'ha restituita tutta? Triplice fischio finale, alla prossima.
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